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La radioattività è sempre un male assoluto? Ing. Giorgio Bertucelli Negli anni ’50 e ’60 si ebbe una crescita eccezionale dell’industria nucleare civile negli USA, nel Regno Unito e in Italia, che occupava, appunto, il terzo posto al mondo, con le sue tre centrali elettro-nucleari. In Europa, primi anni ’50, nacque l’euratom, organismo chiamato a realizzare una politica europea di sviluppo del nucleare civile. Ma tutto questo fervore nell’espandere la nuova forma d’energia, veniva sicuramente adombrato – diciamo così - dai test atomici, a scopi militari, delle due superpotenze USA e URSS. Un’opinione
pubblica mondiale – sicuramente quella occidentale, non potendo certo
parlare di opinione pubblica nei Paesi d’oltre cortina -, manifestava
una crescente forte opposizione ai test di bombe atomiche e di bombe
all’idrogeno, senza nascondersi il timore che i conseguenti immani
disastri di una eventuale terza guerra mondiale, di gran lunga superiori
a quelli registrati in Giappone nell’Agosto del ’45, si sarebbero
potuti ripetere anche per mezzo di una centrale nucleare, vuoi per un
errore umano vuoi per un atto di terrorismo. Bisogna riconoscere che a
capo di quell’opinione pubblica non troviamo un Verde ante litteram,
analfabeta, o quasi, in campo tecnico-scientifico, bensì uno scienziato
fervente pacifista: l’americano Linus Carl Pauling, Nobel 1954 per la
Chimica; una specie di collezionista di Premi per la Pace: un Nobel, un
Gandhi e persino un Lenin nel 1970. È
sicuramente utile precisare che la radioattività è una sola; non c’è
n’è una naturale e una artificiale. Essa è un fenomeno nucleare che si
manifesta in certi elementi chimici naturali – Tecnezio Tc, Promezio Pm,
Polonio Po, Astato At, Radon Rn, Francio Fr, Radio Ra, Attinio Ac,
Torio Th, Protoattinio Pa, Uranio U – e in altri elementi chimici
artificiali che non si trovano in natura: tutti quelli con numero
atomico superiore al 92, ossia l‘Uranio. Ricordava Maria Sklodowska
Curie: “Nella vita nulla si deve temere; si deve solo comprendere.”
Ecco: è questo ciò che vorremmo riguardo alla LNT.
La
quale, se oggettivamente trova la sua origine e sostegno nella politica
– il pacifismo, l’ambientalismo nascente -, formalmente, cioè
matematicamente parlando, assume – sbrigativamente - che i danni,
derivanti da esposizione alla radioattività, sono linearmente
proporzionali alle dosi ricevute. Si è potuto tracciare tale andamento
lineare danni-dosi servendosi dei danni registrati a Hiroshima e
Nagasaki conseguenti alle altissime dosi radioattive ricevute dalla
popolazione; quindi dalla regione degli alti danni e delle alti dosi,
estrapolando linearmente si è scesi fino allo zero. Ecco allora la
regola della LNT: a piccole dosi corrispondono piccoli danni, a grandi
dosi corrispondono grandi danni.
Per una corretta comprensione del problema bisogna ricorrere ai numeri e alle loro unità di misura. La dose radioattiva si misura in Sievert, Sv, e le dosi di fondo naturale si misurano con il sottomultiplo milliSievert, mSv, il millesimo di Sievert. Vediamo allora qualche esempio di dose di fondo naturale: in Valle d’Aosta 0,49 mSv/anno, a Viterbo 2,37 mSv/anno, a Ramsar (Iran) è di 132 mSv/anno, con picchi addirittura di 700 mSv/anno. La spiaggia di Guarapari (Brasile) presenta punte di 800 mSv/anno. Ebbene gli abitanti iraniani o brasiliani di quelle zone, come quelli d’Aosta o di Viterbo, non manifestano particolari problemi di salute legati alla radioattività. Il Kerala meridionale indiano - divenuto famoso in Italia per la faccenda dei nostri due marò, tuttora trattenuti a New Delhi – è caratterizzato da dosi variabili da poche centinaia di mSv/anno fino a punte di quasi 1000 mSv/anno. Merita di essere ricordato un fatto accaduto a Taiwan, più di trenta’anni fa, e che rappresentò per gli esperti di Fisica Sanitaria una insperata occasione per dimostrare quanto fosse clamorosamente errata la proporzionalità dose-danno della Lnt alle basse e bassissime dosi. Una certa quantità di Cobalto 60, Co 60, finì, non si sa come, in una colata d’acciaio. Il Co-60 è un isotopo radioattivo che decade (si trasforma) nell’isotopo stabile Nichel 60, Ni 60, emettendo raggi beta e raggi gamma, e ha un tempo di dimezzamento di 5,27 anni. Contando di tornare nei prossimi articoli su questi argomenti anticipiamo che per tempo di dimezzamento, o emivita, si intende il tempo in cui la quantità di Co 60 si dimezza per diventare Ni 60. Venne utilizzato dunque, all’insaputa del pubblico, quell’acciaio per produrre i tondini del calcestruzzo armato, i quali furono impiegati in circa 180 palazzi. Per un periodo variabile dai 9 ai 20 anni circa 10.000 persone abitarono in quei palazzi, del tutto ignari di essere sottoposti ad una radioattività gamma aggiuntiva a quella del fondo naturale. Da un primo studio, in cui fu assunto come termine di paragone l’abitante “medio” di Taiwan, risultò addirittura che tumori e malformazioni dei neonati nei palazzi radioattivi erano molto inferiori a quelli registrati nella popolazione di riferimento. Ritornando su questo tema accenneremo all’effetto “ormetico” della radiazione: basse dosi di radioattività si traducono in benefici effetti sugli organismi viventi. Un
secondo studio, in cui il termine di paragone fu preso tra la
popolazione giovanile di Taiwan di età media comparabile con quella dei
palazzi in questione, mostrò una quantità di tumori superiori tra le
persone irraggiate, ma tale aumento risultò essere inferiore a quello
previsto dalla LNT. Immaginiamo che gli organi competenti cinesi e
quelli della Commissione Internazionale sulla Protezione Radiologica -
ICRP – nonostante siano passati più di trent’anni stiano ancora
proseguendo gli studi di questo interessante caso. Conclusione: quando la stampa, o certi telegiornali, riporta certi valori di dosi radioattive nei dintorni di una centrale elettro-nucleare prevedendo danni certi per la salute delle persone circostanti la prima regola è “Dubitare” o della buona fede del giornalista o della sua conoscenza circa le interazioni delle radiazioni ionizzanti sugli esseri viventi. |