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INDAGINE DEMOSCOPICA SUL REFERENDUM ANTINUCLEARE DEL 12-13 GIUGNO 2011: QUELLO CHE FORSE MOLTI ELETTORI NON SAPEVANO (E CHE INVECE AVREBBERO DOVUTO SAPERE)

V. Romanello, P. Cancedda, C. Pettirossi, A. Idini, C. Serraino, F. Mancini, L. Bertagnolio
Dicembre 2014

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Premessa

Il presente articolo tratta del referendum tenutosi il 12-13 giugno 2011, concentrandosi in particolare sul quesito che riguardava la produzione di energia elettronucleare nel nostro Paese. Atomi per la Pace ha condotto una indagine statistica demoscopica basata su risposte volontarie via web, e ne analizza nelle seguenti pagine gli esiti: in particolare si considerano le ragioni dei SI e dei NO, e le si commenta in base a dati fattuali e con riferimenti bibliografici precisi (che si trovano in fondo al testo).

Chi abbia voglia di saperne di più, di mettere in dubbio le proprie conoscenze e credenze sull’argomento, chi non ha timore anche di ammettere i propri errori, laddove sia provato si sia sbagliato in buona fede, continui pure a leggere: probabilmente troverà la lettura interessante o quantomeno degna di attenzione.

Tutti gli altri, in particolare coloro che hanno già deciso a priori, quelli che sono convinti di sapere tutto di un argomento tanto complesso solo perché hanno letto i giornali, wikipedia e/o hanno sentito parlare il loro beniamino della TV dell’argomento, quelli che credono di poter dire la loro su tutto senza tuttavia essere pronti a sacrificare del tempo e dello sforzo per comprendere a fondo una tematica tipicamente tecnica, sono invitati ad astenersi da questa lettura.

Per tutti: conoscere la realtà, anche parziale, talvolta può turbare la stabilità mentale di certi individui, e in certi casi crea dipendenza. Procedete pertanto a vostro rischio e pericolo.

Il quesito referendario: cosa hanno votato gli Italiani?

Il quesito sottoposto a referendum è stato il seguente: "Volete voi che sia abrogato il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, nel testo risultante per effetto di modificazioni ed integrazioni successive, recante Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, limitatamente alle seguenti parti: art. 7, comma 1, lettera d: realizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare?".

L’art. 7 della suddetta legge, comma 1 recita quanto segue: “Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, definisce la «Strategia Energetica Nazionale», che indica le priorità per il breve ed il lungo periodo e reca la determinazione delle misure necessarie per conseguire, anche attraverso meccanismi di mercato, i seguenti obiettivi:

    ...

    d) realizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare;

    d-bis) promozione della ricerca sul nucleare di quarta generazione o da fusione;

    …”


In sostanza, il referendum ha tolto al Consiglio dei Ministri la possibilità di includere nella strategia energetica nazionale la realizzazione di impianti nucleari entro i sei mesi successivi all’entrata in vigore della legge, ossia, entro i primi mesi del 2009. Inoltre, il comma 1 lettera d-bis rimane in vigore. Per cui, definire - a livello prettamente legale - spacciato il nucleare in Italia, è quanto meno azzardato. Come si legge in questo articolo [1], “L’altra preoccupazione degli antinuclearisti ha a che fare col fatto che, a fronte dell’abrogazione delle leggi, nessuno vieta al governo di presentarle tali e quali il giorno dopo il referendum. È l’ipotesi avanzata dal presidente dei Verdi, Angelo Bonelli, e da Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione Comunista”.

 

Indagine demoscopica promossa da Atomi per la Pace

Nei mesi scorsi l'associazione culturale Atomi per la Pace ha promosso una sorta di piccola indagine demoscopica basata su un questionario volontario situato sul web. Premettiamo che tale indagine non ha ovviamente alcun fine statistico (conoscendosi già l'esito del referendum peraltro): si è inteso piuttosto conoscere le motivazioni che hanno spinto gli elettori ad esprimersi per il SI o per il NO.

Si chiedeva di rispondere al seguente quesito: "Si è dichiarato favorevole o contrario all’abrogazione delle norme che consentono lo sfruttamento sul suolo nazionale dell’energia da fonte elettronucleare durante il referendum del 12-13 giugno 2011?”, specificando anche l'età, la regione di appartenenza, l'occupazione, e le principali motivazioni del voto. Il sondaggio si è svolto in forma rigorosamente anonima e volontaria.

 

Il quesito posto da Atomi per la Pace ha ricevuto 395 risposte, da persone provenienti da buona parte delle regioni di Italia (Fig.1): si osserva tuttavia una non omogenea distribuzione del campione. Altro fatto inatteso riguarda la percentuale dei SI e dei NO (Fig.2): la percentuale dei SI è considerevolmente inferiore ai numeri dell'esito referendario stesso (il terzo quesito infatti, che riguardava appunto l'abrogazione delle norme che consentivano di ricorrere all'uso dell'energia elettronucleare nella pianificazione energetica del nostro Paese, ha avuto un afflusso del 54,79% degli aventi diritto, dei quali il 94,05% si è espresso a favore del SI contro il restante 5,95% a favore del NO [2]).

Analizzando l'età dei partecipanti (Fig.3) si nota che l'età spazia da meno di 18 a 76 anni, con una età media di 35,4 anni, con una moda (ovvero l'età della maggior parte dei partecipanti al sondaggio) pari a 24 anni.

Fig.1 - Distribuzione per regione dei partecipanti all'indagine demoscopica

 

 

Fig.2 - Distribuzione relativa dei SI e dei NO

 

 Fig.3 - Distribuzione dell'età dichiarata dei partecipanti

Quanto all'occupazione dei votanti si sono individuate le seguenti categorie (Fig. 4): studenti/esse, disoccupati/e, impiegati/e, liberi professionisti/e, operai/ie, dipendenti pubblici, imprenditori/trici, pensionati/e e casalinghe.

Ora analizziamo più da vicino le motivazioni dei SI e dei NO.

Le principali motivazioni che portano i votanti ad esprimersi contro l'opzione nucleare nel nostro Paese sono :


   1. favorevoli all'energia rinnovabile;
   2. timore che a sua volta si suddivide in :

a) timore di una gestione italiana dovuta a: eventuale infiltrazione mafiosa, poca professionalità del personale tecnico,uso di materiali di scarto durante la costruzione;

b) timore per l'inquinamento ambientale, sistemazione delle scorie nucleari, timore per la salute e timore dovuto al rischio sismico.


   3. contrarie al nucleare a prescindere;
   4. altri motivi (esempio: il voto è un diritto e un dovere).

 

Fig.4 - Suddivisione dei votanti per occupazione

Fra i motivi addotti da coloro che si sono dichiarati favorevoli allo sfruttamento dell'energia da fonte elettronucleare vi sono:

1. Indipendenza energetica;

2. Rispetto dell'ambiente;

3. Costo dell'energia;

4. Decisione (in merito al referendum) da riservare a personale competente;

5. Inadeguatezza delle fonti rinnovabili a coprire il fabbisogno domestico.

 

L'analisi delle motivazioni fornisce una visione di come le informazioni sono state veicolate dai media e come sono state recepite dagli elettori. Quello che l'utente medio tende a fare è scegliersi una fonte privilegiata di informazioni (spesso vicina alla propria convinzione politica) ed accettare più o meno passivamente e senza ulteriori verifiche (che spesso, specie in campi fortemente tecnici, richiedono un notevole sforzo conoscitivo individuale): l'ondata emotiva suscitata dall'incidente all'impianto nucleare di Fukushima poi - assieme alla pletora di informazioni incontrollate e spesso poco aderenti al vero - ha contribuito ulteriormente ad aggravare la situazione.

Ora, a nostro avviso può essere giusto chiedere l'opinione dell'elettore su una questione che lo coinvolge da vicino ed in maniera importante (come succede nel caso dell'adozione dell'opzione nucleare), ma solo a patto che lo si sia informato in maniera completa, obiettiva ed imparziale (cosa non certo agevole su questioni squisitamente tecniche e complesse) - diversamente si tratta semplicemente di votare questioni che non si capiscono e quindi di avvallare le decisioni già prese in altra sede: non certo un esercizio di democrazia dal nostro punto di vista.

In tutto questo ragionamento del resto non dobbiamo dimenticare che nel nostro Paese pare ci sia un preoccupante fenomeno di analfabetismo di ritorno: il linguista Tullio De Mauro sostiene che il 71 per cento della popolazione italiana si trova al di sotto del livello minimo di comprensione nella lettura di un testo di media difficoltà [3]!

Ma cosa c'è di vero nelle tesi ripetute ossessivamente dai media e con le quali gli elettori sono andati ad esprimersi?

 

Energia rinnovabile

Nel 2013 l'Italia ha consumato 317 miliardi di kWh [4] (ricordiamo qui al lettore che il suffisso "k" sta per "chilo", ovvero 1.000, il suffisso "M" sta per "mega", ovvero 1.000.000, mentre "G" sta per "giga", cioè 1.000.000.000). Se consideriamo per l'Italia una media di produzione fotovoltaica di 1300 kWh per kWp (chilowatt di picco) [5], ed un prezzo di installazione di 2000 €/kWp [6], si calcola facilmente che per coprire il fabbisogno del nostro Paese ci vorrebbero circa 488 miliardi di euro - (pari a circa un quarto di tutto il debito pubblico nazionale). Anche ipotizzando una produzione di 300 Wp per metro quadrato, per produrre l'energia per il fabbisogno italiano bisognerebbe utilizzare circa 800 milioni di metri quadrati di pannelli, i quali devono essere puliti e mantenuti periodicamente per un funzionamento ottimale e dopo 20-25 anni vanno smaltiti. Considerando però anche lo spazio necessario fra i moduli occorrerebbero almeno 2,4 miliardi di metri quadrati, ovvero un quadrato di lato pari a 49 chilometri - o se si preferisce, ognuno degli 8057 comuni d'Italia dovrebbe allocare in media circa 30 ettari (cioè una superficie pari ad almeno una trentina di campi di calcio).

Ma non finisce qui. Se davvero la maggior parte del fabbisogno energetico nazionale si coprisse con l'energia fotovoltaica sarebbero molto frequenti i black-out - in linea di principio ogniqualvolta non ci fosse il sole. Ricordiamo a tal proposito che un picco nei consumi quotidiani si ha intorno alle 19, orario in cui di certo non ci si può basare sull'energia del sole.

Per comprendere a fondo questo concetto bisogna considerare in che modo noi usiamo l'energia: immaginiamo di voler illuminare una stanza con una lampadina da 24 watt (1 watt equivale all'energia di 1 joule al secondo, ed 1 joule è l'energia che libera grosso modo una mela quando cade da un’altezza di un metro). Se la rete ci fornisce 24 watt di potenza per un’ora illumineremo la stanza per un'ora, e consumeremo un'energia pari a 24 Wh (watt-ora) - ricordiamo qui che i chilowatt misurano la potenza massima che il nostro contatore ci eroga (cioè quanti elettrodomestici contemporaneamente possiamo accendere), mentre il consumo di energia (quello che paghiamo nella bolletta) si misura in chilowatt-ora. Se la rete ci fornisce 1 watt per 24 ore avremo sempre consumato 24 watt-ora, ma non avremo avuto nemmeno un secondo di luce: cioè, avremo consumato la stessa energia ma senza averne alcun beneficio. Questo cosa indica? Una fonte di energia deve essere preferibilmente frazionabile, indirizzabile, regolabile e concentrabile - altrimenti il suo utilizzo diviene problematico e costoso. E purtroppo è ben noto che nessuno può comandare al sole quanto brillare ed al vento quando e quanto soffiare: semplicemente siamo abituati ad usare non solo tutta l'energia che ci serve, ma anche tutta la potenza che riteniamo necessaria (e di certo non ci informiamo preventivamente dello stato degli eventi atmosferici).

Non dimentichiamo che uno squilibrio fra produzione e consumo di energia elettrica porta ad uno sfasamento della rete elettrica che può portare alla situazione paradossale dell’assenza di potenza generata come spiega la frase del Prof. Silvestri nel suo bel saggio dal titolo "Il futuro dell'energia" [7]: "Non generare potenza, pur generando tensione e corrente, non è un esercizio utile per la società umana".

In Fig.5 a sinistra si può osservare la produzione fotovoltaica in Germania il 21 luglio 2013, a destra il 21 dicembre 2013. I colori aiutano ad osservare la differenza di produzione fotovoltaica tra quei due giorni: mancano ben 20 GW all'appello (tanto per capirci, la potenza che dovrebbero coprire una quindicina di reattori nucleari, pari circa a tutto quello che era il parco nucleare tedesco). Queste variazioni mensili dimostrano che per garantire a tutti la potenza necessaria per le esigenze quotidiane, le fonti convenzionali restano insostituibili. Alcune fonti convenzionali inoltre sono comandabili ed in una certa misura anche regolabili permettendo di garantire la potenza quando richiesta dagli utenti.

A questo punto qualcuno potrebbe obiettare che, con un numero adeguato di impianti distribuiti sul territorio nazionale, quando si verificano delle carenze in una zona, si potrebbe trasportare l'energia da un'altra più "fortunata" in quel momento. Questo ragionamento, – che si basa sull’ipotesi ottimistica che in una data zona sia disponibile non solo l'energia necessaria per il proprio fabbisogno, ma che ci siano impianti (costosi) che garantiscono la produzione di un surplus tale da poter essere esportato - implica un massiccio trasporto di energia.

Ebbene il votante medio dovrebbe sapere che trasportare energia non è come trasportare dati via internet: si tratta di due cose molto diverse. Basti osservare che se volessimo mandare una nostra foto via internet in Australia non avremmo nessuna difficoltà a farlo: la foto arriverebbe con lo stesso livello di dettaglio con cui è partita.

 

Fig.5 - Produzione fotovoltaica in Germania i giorni 21 luglio 2013 (a sinistra) e 21 dicembre (a destra) 2013 [8]

Non vale la stessa cosa per l'energia, poiché per trasportarla in questo caso si deve pagare un dazio: secondo Terna [4] oltre il 6% dell'energia richiesta viene dispersa nel trasporto, e si consideri che per una trasporto di una potenza di 2500 MW alla distanza di 800 km con linee da 400˙000 Volt si hanno delle perdite dell'ordine del 9,4% [9] (perdite che si possono ridurre innalzando la tensione di trasmissione, ma questo comporta significativi investimenti strutturali e la moltiplicazione delle linee di trasmissione - peraltro con buona pace di coloro che sono preoccupati per l’"elettrosmog").

E se si volesse accumulare l'energia rinnovabile prodotta? Ebbene, la ricerca nel campo dell'accumulo di energia è attiva a livello mondiale e naturalmente rappresenta un settore dell'innovazione estremamente importante: tuttavia ad oggi uno dei metodi più semplici ed economici per stoccare l'energia elettrica sarebbe quella di usare gli accumulatori al piombo (cioè, le comuni batterie delle auto, tanto per capirci).

Immaginiamo di utilizzare delle batterie da 80 Ah (ampere-ora), e che ognuna costi 70 euro: ebbene ad un tensione di 12 V (volt) essa potrà erogare 0,96 kWh teorici, ma considerando anche una resa dell'80% i kWh erogati potranno essere 0,77. Considerando questa capacità energetica, ci vorranno almeno 9 accumulatori al piombo di questo tipo per alimentare una utenza domestica (si assume un consumo pari a 7 kWh al giorno) per un giorno. Si noti inoltre che mediamente dopo 300 cicli di scarica le batterie dovrebbero essere smaltite e sostituite [10], il che imporrebbe ragionevolmente una sostituzione ogni 4-5 anni (si noti peraltro che tali batterie presentano una autoscarica pari all'1% giornaliero anche se non utilizzate). Il tutto ad un prezzo di "stoccaggio" pari a 30 centesimi di euro per kWh (cui aggiungere ovviamente il prezzo dell'energia)... Ricordiamo che il prezzo medio del kWh per l'utente domestico in Italia si aggira intorno ai 20 centesimi di euro (ed è fra i più cari d'Europa). Bisognerebbe tenere presente anche l'inquinamento da metalli pesanti che ne potrebbe conseguire, tanto più scalando questi numeri ad una dimensione nazionale, peraltro sicuramente ardua da attuare.

Facciamo un altro semplice esempio tanto per rendere l'idea: se invece di usare un accumulatore al piombo, mi rivolgessi alla tecnologia delle pile ricaricabili al nichel-metallo idruro (le famose NiMH che oggi si usano per varie applicazioni domestiche), quante me ne servirebbero ad esempio per far funzionare un ferro da stiro? Il calcolo è presto fatto: un ferro da stiro da 2000 Watt (per inciso ricordiamo che per ottenere questa potenza un tempo si sarebbero dovuti impiegare almeno 20 uomini!), in un'ora consumerebbe 2000 Watt-ora, e siccome ogni singola batteria può accumulare circa 2,5 Watt-ora, ci vorrebbero 800 pile, che ad un costo di 2 euro ognuna comporterebbe una spesa di 1600 euro. Ovviamente tali pile sarebbero da ricaricare (con una efficienza del 70% circa) dopo ogni sessione di stiratura, e dopo circa 500 cicli di carica e scarica sarebbero da smaltire e sostituire: in altri termini il solo accumulo dell'energia necessaria (anche immaginando di ricevere l'energia a costo zero!) comporterebbe un costo di 3,2 euro a stiratura!

Considerazioni analoghe si potrebbero fare per altre tipologie di batterie (ad esempio al litio), ma riteniamo che a questo punto la complessità della questione appaia chiara, e che la strada dell'accumulo di energia, ancorché fondamentale per lo sviluppo di fonti di energia intermittenti come quelle rinnovabili (escludendo le fonti geotermica ed idroelettrica), sia ancora in salita.

Aggiungiamo infine per concludere questo argomento che fino ad oggi gli utenti elettrici hanno pagato circa 50 miliardi di euro (6,5 miliardi all'anno [11]) per l'incentivazione delle fonti rinnovabili (attraverso la voce A3 della bolletta elettrica, attraverso la quale ogni italiano paga circa 90 euro l'anno [12], in molti casi senza rendersene conto!) a fronte di una produzione nel 2013 pari al 17,2% del fabbisogno (di cui il 6,4% da fonte solare, il 4,7% da fonte eolica, il 4,2% da biomasse, e l'1,9% dalla geotermia).

Con lo stesso denaro si sarebbero potuti costruire, ipotizzando un costo di installazione pari a 2500 €/kW, almeno 12 impianti nucleari di grosse dimensioni. Questi impianti avrebbero erogato energia al costo di 3-8 centesimi di euro/kWh (il kWh solare per converso ne costa 22,5-32) per 60 anni (contro 20-25 per la vita media assunta per gli impianti rinnovabili) e avrebbero coperto il 46% del fabbisogno nazionale [13]!

 

Energiewende

Che dire dell’Energiewende (transizione energetica - termine coniato dall'Istituto di Ecologia Applicata di Friburgo nel 1980) pianificata dalla Germania e ripresa dai media nostrani con grande clamore mediatico? Ebbene nel 2010, prima dell'incidente avvenuto alla centrale nucleare di Fukushima, fu varato un programma ambizioso secondo il quale la produzione energetica dovrebbe spostarsi gradualmente, entro le prossime decadi, verso le fonti rinnovabili (fonte eolica, solare, biomasse, ed idroelettrica principalmente), l'efficienza energetica e lo sviluppo sostenibile. Tale transizione dovrebbe sostituire completamente le fonti fossili e quella nucleare. Fra gli obiettivi principali di questa strategia una riduzione della produzione dei gas serra fra l'80% ed il 95%, ed una produzione di energia rinnovabile pari all' 80% entro il 2050, uscita dal nucleare entro il 2022 [14]. Il governo tedesco (che ha spento 8 centrali nucleari e conta di spegnere le altre entro il 2022, aumentando invece la quota di energia prodotta con la lignite) in pratica vuol far credere ai suoi cittadini che con la sua politica energetica possa esercitare un effetto benefico sul cambiamento climatico: la realtà invece è che le emissioni della Germania rappresentano appena il 2,5% di quelle mondiali ed il 14% di quelle europee (quindi né la Germania né l'Europa possono avere una influenza significativa sul clima, ammesso pure che la CO2 possa avere un ruolo).

Tuttavia si intravedono già le prime difficoltà, non di poco conto. Innanzitutto si prevede siano necessari circa 8300 km addizionali di linee di trasmissione da realizzare o ammodernare. Un uso massiccio di fonti intermittenti come quella eolica e solare richiederebbe una capacità di accumulo dell'energia ben superiore a quella disponibile. E’ stato stimato inoltre che il numero di generatori eolici da realizzare per sostenere il progetto sia nettamente superiore a quelli che possono fisicamente realisticamente essere realizzati in Germania. E per finire per ora a pagarne le spese sono gli utenti domestici, sui quali vengono scaricati i costi dell'operazione, e che nel 2013 hanno pagato le bollette più care d'Europa. Ricordiamo che nonostante il fotovoltaico contribuisca a meno del 5% del fabbisogno tedesco esso riceve circa 10 miliardi di euro all'anno di sovvenzioni. Questo sovvenzionamento spropositato ha causato anche un aumento delle esportazioni nei Paesi vicini: attenzione però, non si tratta di esportazioni in senso commerciale, poiché tale energia rappresenta un surplus fornito non a seconda delle esigenze del Paese ricevente, quindi non viene pagato (anzi in alcuni casi viene pagato il ricevente che importa questo surplus di energia rinnovabile - e peraltro alcuni Paesi hanno annunciato che in futuro rifiuteranno queste importazioni in quanto deleterie per il loro sistema energetico!). Tutto questo con l'energia più cara che mai fu prodotta e pagata dal consumatore domestico: per fare un paragone pratico è come se una famiglia decidesse di nutrirsi solo di caviale e champagne e per di più siccome ne acquista troppo, seppur a prezzi proibitivi, ogni tanto lo regalasse o in certi casi addirittura pagasse qualcuno per prenderselo!

Secondo alcune previsioni addirittura nel 2022 la Germania potrebbe produrre ben 22 TWh di energia non richiesta (che equivale grosso modo al fabbisogno della Danimarca). Secondo Forbes il sogno della "Energiewende" tedesca è finito in un disastro [15].

Nel gennaio 2012 persino l'ente elettrico olandese Nuon annunciava ai suoi utenti di essere costretto ad aumentare le tariffe elettriche per varie cause, fra cui la decisione tedesca di uscire dal nucleare (Fig.6).

 

 

 Fig.6 - Bolletta dell'ente elettrico olandese che nel gennaio 2012 annuncia aumenti nel prezzo dell'energia elettrica anche grazie alla rinuncia tedesca di produrre energia elettronucleare

Poco risalto viene dato dai media nostrani ai rapporti tra Stati in seguito all’Energiewende tedesca. Come riportato in questo articolo [16]: “Nel frattempo, alcuni Paesi confinanti con la Germania, come Polonia e Repubblica Ceca, stanno reagendo contro l’uso della loro rete elettrica da parte della Germania, la quale la sta utilizzando senza averne chiesto il permesso e senza pagare per il suo utilizzo. Questi Paesi stanno costruendo una barriera alle frontiere per bloccare l'importazione di energia verde che sta destabilizzando le reti e causando potenziali blackout. Questa azione dei vicini dei tedeschi provoca la frammentazione della rete elettrica europea, contribuendo all'isolamento elettrico della Germania". Anche Roger Helmer, responsabile per le politiche energetiche dell’UKIP (partito britannico favorevole al nucleare) e deputato del parlamento Europeo, conferma quanto appena riportato in un’intervista rilasciata ad Atomi per la Pace nel Settembre 2013 [17].

Quando poi si prendono in considerazione le conseguenze di una discontinuità nella fornitura elettrica della rete bisogna tenere presente che per il comparto industriale le cose sono molto più delicate che per le utenze domestiche: si fa l'esempio [16] della Hydro Aluminum di Amburgo, la quale grazie ad un semplice abbassamento di tensione della durata di un millisecondo alle 3 del mattino ha subito danni per un ammontare pari a quasi 10.000 euro... e poiché di questo tipo di eventi se ne sono verificati altri due nelle tre settimane successive, l'azienda è stata costretta a dotarsi di sistemi propri di batterie per un costo di 148.000 euro. Crediamo di poter affermare che non è questo il modo migliore per favorire la produzione industriale e la ripresa economica.

 

Altre motivazioni

Fra le motivazioni principali addotte da coloro che si sono espressi per il "si" al referendum sulla possibilità di produrre energia elettronucleare nel nostro Paese non c'è solamente la convinzione di poter sostituire le fonti fossili e quella nucleare con le fonti rinnovabili, bensì anche altre. Trattiamo qui sinteticamente le principali.

Presunta impossibilità di gestire le scorie nucleari

Uno dei maggiori cavalli di battaglia dei movimenti antinucleari è stato quello secondo cui sarebbe impossibile gestire le scorie nucleari prodotte: la tipica domanda che alcuni politici e giornalisti si chiedevano “retoricamente” nel periodo precedente al referendum (e non solo) era "dove le mettiamo le scorie?", e in generale si faceva intendere che nessuno al mondo abbia ancora trovato una soluzione al problema.

Ebbene, chi avesse esercitato un minimo di senso critico (cosa rara purtroppo al giorno d'oggi evidentemente) ed avesse avuto a disposizione un minimo di informazione saprebbe che ad oggi gli impianti nucleari operativi nel mondo sono 437 e ben 72 sono in costruzione (alcuni dei quali anche in Europa) [18]. Una domanda a nostro avviso non solo legittima, ma anche doverosa quindi sarebbe: “dove vengono messe le scorie di questi impianti, e dove intendono metterle coloro che ne stanno costruendo di nuovi?”.

E allora se questo cittadino si informasse scoprirebbe che la soluzione esiste, ed è quella di stoccare i rifiuti in siti geologici opportuni: badate che non si tratta di progetti puramente teorici, in quanto di siti geologici ne sono stati individuati almeno 3 in Europa (Onkalo [19] in Finlandia, Forsmark in Svezia [20] e Bure in Francia [21]). Si prevede inizino il loro esercizio operativo fra pochissimi anni. Molto spesso le comunità coinvolte, adeguatamente informate e rassicurate anche sui compensi, si sono contese questi siti. Del resto i governi di questi paesi erano convinti di non poter realizzare queste opere senza il dovuto consenso popolare.

Ricordiamo che la soluzione che prevede l'utilizzo dei depositi geologici viene oggi giudicata sicura da molti esperti nel mondo, e questo per vari motivi che riassumiamo molto sommariamente di seguito.

Fra le scorie nucleari e l'ambiente sono interposte una serie di barriere, sia naturali che ingegneristiche, la cui affidabilità nel tempo è stata provata. Le scorie infatti vengono vetrificate in matrici simili a quelle del vetro vulcanico, sul quale sono stati condotti severissimi test di laboratorio. Dopodiché vengono depositate in opportuni contenitori di acciaio o in certi casi di acciaio e rame - ricordiamo che il rame è un metallo geologicamente stabile. Il tutto viene inglobato in un opportuno strato di bentonite (materiale argilloso con eccellenti caratteristiche protettive). I contenitori vengono poi piazzati a 500-1000 metri di profondità in siti geologicamente stabili (questi possono essere di varia natura: granito, argilla, sale, ecc.) [22].

E' forse qui il caso di ricordare che a provare l'affidabilità dei siti geologici è la natura stessa: circa due miliardi di anni fa ben 17 reattori nucleari naturali si "accesero" spontaneamente ad Oklo (in Gabon, Africa Equatoriale) e per ben 1 milione di anni ebbero un funzionamento pulsato. Ebbene i prodotti di quelle reazioni nucleari si sono spostati di poco in questo enorme lasso di tempo e di certo non hanno compromesso l'ecosistema [23].

Se poi, entrando più nello specifico, si da uno sguardo alla composizione del combustibile nucleare a base di ossido di uranio prima e dopo che questo venga irraggiato nel reattore nucleare per la generazione di energia si può osservare (Fig.7) che se il combustibile fresco consta di uranio arricchito (nella quota di isotopo fissile 235, ndr) al 4% nei  reattori moderni, e dopo alcuni anni di funzionamento ogni singola tonnellata di questo combustibile (un cubo di spigolo pari a 46 cm) ha erogato 50 GWd (ovvero 1,2 miliardi di kWh, sufficienti per i fabbisogni energetici di circa 8890 famiglie per 50 anni): il combustibile esausto è costituito ancora da una quota di uranio e plutonio (materiali riciclabili a fini energetici) pari a circa il 95% (il restante 5% essendo costituito dalla vera "scoria" inutilizzabile a base di prodotti della fissione nucleare e attinidi minori (ovvero quegli elementi più pesanti dell'uranio e del plutonio ottenuti per cattura neutronica da parte degli stessi)).

La Fig.8 riporta il confronto delle dimensioni di una moneta da 1 euro con una pasticca di combustibile nucleare per reattori veloci (che può produrre l'energia di 3 tonnellate di carbone o di 2000 litri di benzina) - dal peso di 1,1 grammi (e dal costo di pochi euro) - ed una sfera di scorie vetrificate dal diametro di 12 millimetri (pari al volume prodotto annualmente da una famiglia per soddisfare i propri fabbisogni energetici).

E per chiudere questo argomento, anche senza impianti nucleari l'Italia dovrà dotarsi di una soluzione definitiva per le scorie nucleari come imposto dall’Euratom. Le circa 235 tonnellate del passato programma nucleare nazionale, ora in Francia e Regno Unito, dovranno trovare sistemazione in Italia. Un deposito di scorie radioattive dovrà comunque essere costruito perché anche in assenza di impianti di produzione energetica [24] residui di questo tipo vengono quotidianamente prodotti negli ospedali a causa di necessità mediche (diagnostica e radioterapia) e nelle industrie.

 

 Fig.7 - Composizione del combustibile nucleare a inizio e fine vita (burnup considerato 50 GWd/t e 10 anni di raffreddamento in reattore ad acqua pressurizzata). Si noti che il plutonio prodotto ha un tenore di isotopo 239 troppo basso per applicazioni di tipo militare, che la quota di uranio fissile (235) è pari grosso modo a quella dell'uranio naturale, e che la percentuale di prodotti di fissione che presentano la maggiore produzione di calore rappresenta una minima percentuale in peso

 

Fig.8 - Confronto delle dimensioni di una pasticca di combustibile nucleare per reattori veloci (dalle dimensioni di 4,9 (diametro) x 5,7 (altezza) mm, capace di erogare una energia pari a 3 tonnellate di carbone o 2000 litri di benzina), una sfera di scorie vetrificate (dal diametro di circa 12 mm, pari al volume prodotto da una famiglia per i propri bisogni energetici in un anno) e una moneta da 1 euro

 


Timori di una gestione poco trasparente e di infiltrazioni mafiose

Forse è il caso di ricordare che l'Italia in passato ha avuto in esercizio ben 4 centrali nucleari per la produzione di energia (Latina, Garigliano, Trino Vercellese e Caorso), in un periodo che va dal 1963 al 1990, e impianti di ricerca all’interno di università. Durante il periodo di funzionamento non si ricordano problemi particolari, anzi, la centrale PWR Enrico Fermi di Trino Vercellese fu costruita in appena 3 anni, ed ottenne degli eccellenti primati di esercizio. Non solo: negli anni '60 il nostro Paese risultava il terzo produttore di energia nucleare a livello mondiale. Non dimentichiamoci infine che il primo ad accendere una reazione nucleare controllata il 2 dicembre 1942 fu proprio un illustre scienziato italiano: Enrico Fermi. Il nostro Paese inoltre continua ancora oggi (ahinoi!) a esportare eccellenze in questo settore. Queste cose prima di esprimersi in merito sarebbe bene tenerle a mente.

Qualcuno potrebbe obiettare che i tempi di realizzazione di una centrale nucleare odierna sono molto lunghi, come il caso della centrale EPR in costruzione in Finlandia (Olkiluoto) sembrerebbe dimostrare. Bisogna tuttavia ricordare che trattasi di reattori di nuova generazione di tecnologia complessa ed innovativa, mai costruiti prima e quindi è possibile che si verifichino dei ritardi nelle date previste di consegna. L'esperienza accumulata con i primi esemplari si sta rivelando utile nella costruzione dei successivi. In alcuni casi, come a Sanmen (Cina) la realizzazione del reattore AP-1000 è addirittura in anticipo rispetto alla tabella di marcia.


Rischio di incidenti

Trattasi di una eventualità sempre possibile, come del resto in qualsiasi attività umana: aviazione civile, industria chimica, ecc... ed infatti anche in questi settori si sono verificati degli incidenti catastrofici, sia per l'ambiente che per l'uomo, ma nessuno ha mai pensato di cancellare per referendum tali attività. Basti pensare che i soli incidenti stradali nel 2012 hanno causato il decesso di 3653 persone ed il ferimento di 264˙716 [25], senza che mai nessuno abbia pensato di abolire l'uso dell'auto, e nemmeno proibire la vendita di autoveicoli che superino i limiti di velocità.

Del resto, se si pensa agli impianti di produzione energetica non si può fare a meno di ricordare la tragedia occorsa in seguito al disastro del Vajont il 9 ottobre 1963, in cui in seguito alla tracimazione dell'acqua dell'invaso (dovuta ad una frana rovinosa, peraltro per molti versi prevedibile) si stima siano decedute 1910 persone [26] e interi villaggi sono stati spazzati letteralmente via (Fig.9). Il disastro del Vajont peraltro non rappresenta certo un caso isolato per quanto riguarda questa forma di produzione energetica: citiamo qui a drammatico titolo di esempio per tutti il disastro della diga di Banqiao (Fig.10), occorso nell'agosto del 1975 in Cina [27, 28], costato la vita, secondo alcune recenti stime, a ben 171˙000 persone (di cui 26˙000 morte a causa dell'inondazione e 145˙000 nei giorni seguenti in seguito ad epidemie e carestie).

Eppure i bacini idroelettrici rappresentano una delle più importanti fonti di energia rinnovabile, e sono il miglior sistema per accumulare l'energia prodotta (dagli impianti termici o, a maggior ragione, da quelli eolici e fotovoltaici) quando questa viene prodotta ma non consumata (come nelle ore notturne ad esempio).

Per converso bisognerebbe tenere a mente che nell'incidente occorso alla centrale elettronucleare di Fukushima non ci sono state vittime in seguito all'incidente nucleare, e l'Organizzazione Mondiale della Sanità non si aspetta alcun aumento di incidenza tumorale nemmeno applicando i criteri di calcolo più cautelativi [30]!

Intanto bisogna ricordare che in seguito ad una consultazione popolare i due reattori nucleari di Sendai, in Giappone, saranno presto riattivati [31]. Inoltre parte del combustibile nucleare interessato dall'incidente è stato rimosso senza alcun imprevisto. Tutti ricordano invece alcune notizie "clamorose" (ed altrettanto false fortunatamente) fra le tante circolate per molto tempo anche dopo l'incidente occorso alla centrale di Fukushima in occasione del tragico terremoto di Sendai: ad esempio per molti mesi (e in parte ancora adesso!) è circolata una nota mappa (Fig.11) del NOAA - la National Oceanic and Atmospheric Administration - che riportava l'andamento dell'altezza delle onde sollevatesi in seguito al maremoto, come peraltro si può assai ben facilmente rilevare dall'analisi della agenda a destra della figura, la cui unità di misura non esprime alcuna attività radioattiva (la quale, infatti, non si misura certo in centimetri)! Ebbene per mesi tale mappa è stata spacciata come prova delle previsioni di contaminazione in seguito all'incidente alla centrale giapponese, con cui, in realtà, non aveva nulla a che vedere!

 

Fig.9 - Conseguenze del disastro occorso presso la diga del Vajont il 9 ottobre 1963 (Longarone) [29]

 

 Fig.10 - Foto del disastro occorso nell'agosto 1975 presso la diga di Banqiao (Cina) [28]

Un’altra notizia tanto clamorosa quanto falsa che si diffuse fu quella secondo cui, in seguito all'incidente, si sarebbe dovuto evacuare l'intero emisfero Nord del pianeta Terra [32] a causa delle radiazioni liberate dalle barre di combustibile esausto nella vasca di decadimento dell' unità n.4 (molta gente ci ha creduto sul serio, come se una presunta immaginaria nube tossica non meglio specificata dovesse espandersi solo nell'emisfero nord attorno al mondo ma si dovesse fermare per qualche misterioso motivo al confine con quello sud...)!

In realtà non molti forse sanno che i reattori della centrale di Fukushima erano di tipo ad acqua bollente (BWR), non a grafite come nel caso di Chernobyl, quindi dopo la detonazione dell'idrogeno originatosi dalla reazione del vapore acqueo con lo zirconio delle incamiciature del combustibile, c’era ben poco che potesse bruciare (le centrali sono appunto ad acqua!). Questo implica che gli effetti dell'incidente sono stati, almeno nell'immediato, fortemente localizzati (nessuna nube radioattiva ad alta quota per effetto camino). E la cultura sull'argomento e compostezza del popolo giapponese (che, ricordiamolo, purtroppo ha subito ben due bombardamenti atomici) ha fatto si che nessuno fra il pubblico ricevesse delle dosi da radiazione pericolose.

 

Fig.11 - Mappa riportante l'altezza delle onde generate in seguito al maremoto occorso al largo delle coste giapponesi l'11 marzo 2011 (Fonte: NOAA)

Tra l'altro è bene ricordare che gli incidenti non si sono avuti a causa del sisma (al quale gli impianti hanno retto anche meglio del previsto), ma del maremoto, che ha distrutto un’ampia parte dell’impianto e ha allagato il sito ed alcune unità, impedendo l'esercizio dei sistemi di emergenza per il raffreddamento del combustibile per il tempo necessario. Un ruolo rilevante lo hanno giocato anche le autorità centrali, che hanno imposto agli operatori di attendere quando invece data la situazione sarebbe stato opportuno ventilare gli impianti rilasciando una piccola parte della radioattività ed evitando l'esplosione della sacca di idrogeno formatasi.

Con questo non si vogliono certo minimizzare le infelici conseguenze dell'incidente, ma solo riportare i fatti ad una dimensione più reale nell'interesse della verità: l’incidente di Fukushima non è stato il più grave evento collegato al maremoto del 2011; decine di altri incidenti, anche legati all’elettrogenerazione, hanno riportato centinaia o migliaia di vittime e contaminazione del territorio che è ancora in fase di bonifica. Gli impianti di Daichii sono tragicamente fra questi, ma non gli unici né tantomeno quelli che hanno causato il maggior numero di vittime.

  

Costo e indipendenza energetica

Uno dei "rumor" che sono circolati (e continuano a circolare) riguarda il presunto costo altissimo dell'opzione elettronucleare. Ebbene il costo del kWh nucleare dipende da molti fattori, fra le quali l'area geografica ed il tasso di interesse bancario applicato, quindi esprimere un valore preciso non è possibile: tuttavia le pubblicazioni più autorevoli su questo argomento [33] indicano un intervallo fra 29 e 137 dollari per MWh, cioè fra 2,3 e 10,9 centesimi di euro per chilowattora (un valore medio in Europa è dell'ordine di 6-7 c€/kWh). Nel costo si includono il costo di smantellamento dell'impianto e lo smaltimento delle scorie, gli impianti sono obbligati ad accantonare un fondo opportuno per questo... finché sono in funzione - la loro vita operativa era di 40 anni, 60 per quelli più moderni. L’utente elettrico italiano invece paga lo smaltimento delle scorie e lo smantellamento del sito con la bolletta a mo di spesa "morta" a causa della chiusura anticipata! Per chi volesse ulteriori dettagli tecnici sul calcolo del costo del kWh nucleare può trovare una rassegna più dettagliata in [34]. Ovviamente trattasi di un costo sempre molto più basso di quello da fonte eolica.

Il Prof. D. Salimbeni (Università di Cagliari) stima che la rinuncia al nucleare sia costata all'utente italiano medio esattamente 97˙392,00 € [35], "che il nostro utente avrebbe avuto in più nel conto corrente!". Con buona pace di coloro che vogliono convincere l'opinione pubblica che rinunciare al nucleare è convenuto e che le energie rinnovabili rappresentano una opportunità. Chissà se il votante medio queste cose le sapeva... e come avrebbe votato se le avesse sapute...?

Da più parti si è anche detto che l'uranio è una risorsa esauribile, e che in 60 anni si sarà esaurito. Ebbene questo tipo di affermazioni ricordano tanto quelle del Club di Roma che nel 1972 nel famoso rapporto "I limiti dello sviluppo" [36] previde la fine delle riserve di gas naturale mediamente entro 38 anni ed entro 31 quelle di petrolio, con oscillazioni possibili rispettivamente fra 22 e 49 anni per il gas naturale e fra 20 e 50 per il petrolio (tutto ciò è riportato in tabella 4 del testo citato): in altri termini secondo quel rapporto entro il 2022 le risorse petrolifere dovrebbero esaurirsi! Ovviamente riteniamo che alle porte del 2015 queste previsioni si commentino da sé, anche se è innegabile che una certa pressione sulle risorse energetiche sia reale (ma questa sarebbe stata comunque una previsione ovvia).

Facciamo chiarezza anche su questo punto una volta per tutte: le riserve totali di uranio (inclusi i fosfati ad esempio, che ne sono ricchi, ed esistono già impianti pilota che lo estraggono per questa via) stimate dal "Red Book" [37] ammontano a circa 40 milioni di tonnellate, che al consumo odierno di 68˙000 tonnellate annue sarebbero sufficienti per 588 anni. Questa è anche la conclusione cui giunse qualche anno fa un noto studio del MIT [38]. Tutto bene dunque? No probabilmente, perché la fame di energia nel mondo secondo le proiezioni porterà ad un rapido incremento nella potenza nucleare installata: tuttavia le riserve dovrebbero bastare comunque per almeno un secolo e mezzo. Le nuove tecnologie comunque (in particolare i reattori fertilizzanti a spettro veloce) possono moltiplicare le risorse per 100 circa, rendendo le risorse di materiale uranifero praticamente inesauribili [39] (senza prendere in considerazione l'acqua di mare, che contiene circa 5 miliardi di tonnellate di uranio, ma troppo disperse per impieghi pratici allo stato attuale, anche se esistono impianti pilota anche in tal senso)... e senza considerare le riserve di torio (3 volte più abbondante sulla crosta terrestre dell'uranio!).

Il mito del consumo di acqua

Uno dei miti più curiosi che circolano sulla produzione di energia per via elettronucleare riguarda il presunto enorme "consumo" di acqua che questa tipologia di impianti comporta. Jeremy Rifkin – noto economista statunitense sostenitore delle energie rinnovabili - è arrivato addirittura a sostenere che il 40% dell'acqua in Francia viene usata per refrigerare gli impianti nucleari, venendo scaldata e rappresentando una minaccia per l'agricoltura [40]. Più di un organo di stampa italiana ha riportato la notizia rincarando la dose, facendo credere che il 40% di tutta l'acqua consumata in Francia sia servita a raffreddare i reattori nucleari [41].

Cerchiamo di ristabilire la verità dei fatti, basandoci su prove fattuali e calcoli fisici adesso. Innanzitutto il dover ricorrere all’acqua per raffreddare un generatore non è peculiarità degli impianti nucleari, ma è tipico di qualunque centrale termoelettrica: quindi la stessa acqua sarebbe processata, sia essa per un impianto a carbone, petrolio, gas o nucleare.

In Francia attualmente sono operativi 58 reattori nucleari (1 è in costruzione), i quali producono annualmente 403˙700 GWh, pari al 73,28% del fabbisogno nazionale [42]. La potenza media dei reattori francesi si aggira intorno a 1090 MW elettrici. Considerando un rendimento termodinamico pari al 34% (per tenere in conto la quota di calore generato effettivamente convertita in energia elettrica) ed un fattore di utilizzo dell'80% (per tenere conto delle fermate del reattore) si evince che ogni reattore in media riversa nell'ambiente 15 milioni di MWh termici all'anno, ossia 475 kWh termici al secondo.

Esistono fondamentalmente due vie per smaltire questo calore: la prima, è quella di utilizzare un corso d'acqua abbondante (o anche il mare), prelevando dell'acqua a temperatura ambiente e rimettendola nell'ambiente a temperatura superiore (massimo 10 gradi di incremento). La seconda, quando si dispone di corsi d'acqua di entità limitata, è quella di far evaporare dell'acqua per prelevare il massimo calore possibile, sfruttando quello che si chiama calore latente di evaporazione (ed è allora che si usano le famose torri evaporative (Fig.12), associate spesso ai reattori nucleari ma usate in realtà da qualsiasi impianto termico, anche a carbone, olio combustibile o a gas).

 

 

Fig.12 - Esempio di torre evaporativa e centrale nucleare di Leibstadt (Svizzera). Quello che esce dalla torre evaporativa è semplice vapore acqueo. L'unità nucleare è rappresentata dalla cupola sferica

 Quali sono le grandezze in ballo? Nel primo caso, ossia il prelievo di acqua con remissione a temperatura maggiorata, se si considera un salto di 10 gradi centigradi, l'impianto francese medio utilizza circa 41 metri cubi al secondo. Se invece si usa il secondo metodo, ossia quello delle torri evaporative, con semplici conti si ottiene un flusso di 0,65 metri cubi al secondo (considerando un ingresso di acqua a 20 gradi centigradi) - che non vengono sottratti all'ambiente, ma semplicemente convertiti in vapore (quello appunto che si vede sbuffare dalle torri evaporative).

Per converso si può vedere in tabella 1 la portata di alcuni fiumi in Italia ed in Francia: appare evidente che le portate di questi fiumi sono adeguate ad impianti per la produzione di energia elettronucleare senza particolari conseguenze per l'ambiente.

Tornando alla questione del "consumo" di acqua in Francia da parte degli impianti nucleari: se tutti e 58 gli impianti usassero torri evaporative trasformerebbero in vapore 37,7 metri cubi di acqua al secondo; per contro la sola somma delle portate dei maggiori fiumi francesi (Loira, Garonna, Mosa, Marna, Mosella, Dordogna Schelda, Senna, Saona) ammonta a circa 3650 metri cubi al secondo, quindi basterebbe sottrarre circa l'1% di questa portata per il raffreddamento di tutti gli impianti francesi.

 

Fiume

Portata (m3/s)

Italia

 

  Tevere

239

  Po

1540

  Dora Baltea

96

Garigliano

120

Francia

 

  Senna

500

  Rodano

1820

  Reno

2300

Tab.1 - Portate di alcuni fiumi in Italia ed in Francia

Diverso sarebbe il discorso nel caso in cui si ricorresse al semplice prelievo di acqua con conseguente remissione a temperatura maggiore: servirebbe allora una quota importante dei corsi d'acqua disponibili. Si noti, ancora una volta, che questa pratica non consuma acqua, bensì la restituisce all'ambiente a temperatura superiore (fatto non trascurabile, poiché la polluzione termica può implicare riduzione dell'ossigeno disciolto nell'acqua, cambiamento delle sue proprietà fisiche e chimiche, interferenza con le attività biologiche e riproduttive delle specie acquatiche, ecc.[43]), ma rigidamente controllata e normata dagli enti di controllo preposti alla salvaguardia dell'ambiente (nel caso l'impianto non riesca a soddisfare tali prescrizioni deve diminuire la potenza prodotta).

Queste limitazioni valgono evidentemente anche per gli impianti termoelettrici a combustibili fossili.

Ricordiamo infine che la centrale nucleare statunitense di Palo Verde (una delle più importanti degli USA in quanto a produzione netta di energia), situata nel deserto dell'Arizona (una delle pochissime non situate vicino ad importanti riserve di acqua), usa per il proprio raffreddamento l'acqua riprocessata degli scarichi fognari delle città vicine.

 

Conclusioni

In conclusione con il presente lavoro si è cercato di fare un punto su quelle che sono state le principali argomentazioni favorevoli e contrarie allo sfruttamento dell'energia elettronucleare nel nostro Paese. Anche se il campione analizzato nel sondaggio demoscopico non è stato sufficientemente numeroso per rappresentare l'esito referendario del 12-13 giugno 2011, possiamo comunque trarre la conclusione che se si considera il segmento più giovane ed istruito della popolazione (tipicamente più avvezzo ai quesiti posti per via telematica) ne emerge un maggiore livello di comprensione della tematica rispetto alla media, fatto questo che sembra favorire una propensione verso il "no" (nell'esito referendario reale probabilmente hanno pesato l'astensionismo e l'onda emotiva, giostrata ad arte da alcuni organismi di informazione, che hanno così tradito il loro compito di fornire una informazione corretta ed obiettiva dei fatti avvenuti in seguito all'incidente occorso alla centrale nucleare di Fukushima).

Si è potuto constatare come l'effetto della disinformazione comunque abbia sortito l'effetto sperato: dal testo del presente articolo si può immaginare che l'argomento è di per sé fortemente tecnico ed impegnativo, e richiede evidentemente uno sforzo conoscitivo da parte dei non esperti del settore non indifferente per poter essere compreso a fondo. Sforzo che la maggior parte degli elettori non intende probabilmente fare, trovando più comodo continuare a credere a delle vere e proprie falsità. Il presente articolo vuol sensibilizzare peraltro il lettore sul fatto che per smentire una "bufala" ben confezionata (che nell'epoca dei social network hanno conosciuto una diffusione mai vista prima peraltro) ci vuole mediamente uno sforzo dieci volte superiore a quello usato per produrla. Dovrebbe quindi essere responsabilità del lettore/votante medio non credere acriticamente ad una fonte, bensì verificare sempre ciò che si legge e sottoporlo all'attento vaglio della ragione... a cominciare dal presente lavoro (infatti è stata riportata una ricca bibliografia proprio a fine di consentire al lettore la verifica indipendente di quanto qui riportato). A nostro avviso questo dovrebbe essere un approccio da adottare sempre, anche se oggettivamente faticoso e complesso.

Sapevate ad esempio che l’anno scorso (giugno 2013) negli Stati Uniti è uscito un film intitolato Pandora’s Promise del regista Robert Stone, in Italia praticamente ignorato salvo qualche eccezione [44], che parla dell’energia nucleare e delle tematiche ad essa collegate? Sapevate ad esempio che, come il film di Stone ricorda, il 10% di tutta l’energia elettrica prodotta negli USA deriva dal bruciamento degli esplosivi nucleari presenti nelle testate atomiche costruite durante la guerra fredda – metodo questo fra i più efficaci per distruggere definitivamente tali materiali? E che quindi in tale ottica la produzione civile di energia nucleare, usando l’energia che era stata intesa per radere al suolo le metropoli statunitensi per illuminarle invece, rappresenta una delle fonti di fatto più “pacifiste” oggi disponibili?

Appare sempre più evidente che la politica, dopo una fase iniziale in cui fu l'arte di impedire alla gente di immischiarsi nelle cose che la riguardava, stia diventando l'arte di spingere la stessa gente a decidere su questioni che non conosce e non capisce. Chi legge questo testo ed è arrivato fin qui, dovrebbe porsi in tutta franchezza la domanda se fosse a conoscenza dei fatti narrati, e se ne fosse stato a conoscenza all'epoca del referendum come si sarebbe comportato/a, se l’atteggiamento dei media e di certa classe politica sia stato onesto nei suoi confronti o meno, e se sia giusto prendere delle decisioni tecniche con implicazioni gravi e durature nel tempo a furor di popolo (disinformato e quindi facilmente manipolabile).

In un recente articolo [45] Beppe Severgnini commenta cosi il dato poco felice secondo cui in un sondaggio Ipsos Mori nell'"indice di ignoranza" vede noi italiani primi fra 14 Paesi: "La politica - che pure dovrebbe conoscere la situazione - non si premura di ripetere i dati corretti. Usa la nostra ignoranza, invece. Ci costruisce sopra proposte, programmi, allarmi, proteste... I media hanno responsabilità, ovviamente: se informiamo male, o non informiamo, la gente rischia di credere alla prima sciocchezza che sente. Ma non è solo colpa dei media... Chi li legge/li ascolta/li guarda non vuol essere informato: chiede solo di essere confermato nei propri pregiudizi. I pregiudizi, infatti, rassicurano: evitano il fastidio del dubbio. Le idee confuse consolano: permettono di lamentarsi senza protestare, di commiserarsi senza impegnarsi".

Parole che dovrebbero far riflettere, anche alla luce dei fatti qui esposti. Inutile altrimenti lamentarsi per un Paese che non funziona come vorremmo se poi siamo noi stessi nel nostro piccolo parte del problema. Tutto questo implica la necessità di una rivoluzione culturale rapida e decisa, o il nostro Paese, come del resto già previsto nel saggio storico di Mario Silvestri "La decadenza dell'Europa Occidentale" [46], si avvia probabilmente verso un declino inesorabile e doloroso.

 

Bibliografia

[1] "Che fine fa il referendum sul nucleare?", Il Post - http://www.ilpost.it/2011/04/20/che-fine-fa-il-referendum-sul-nucleare/

[2] Ministero dell'Interno, "Archivio Storico delle Elezioni - Consultazione dati" -

http://elezionistorico.interno.it/index.php?tpel=F&dtel=12/06/2011&tpa=Y&tpe=A&lev0=0&levsut0=0&es0=S&ms=S

[3]"Se sette italiani su dieci non capiscono la lingua", Paolo di Stefano - Corriere della Sera, 28 novembre 2011

http://www.corriere.it/cultura/11_novembre_28/di-stefano-italiani-non-capiscono-la-lingua_103bb0fa-19a8-11e1-8452-a4403a89a63b.shtml

[4] Comunicato stampa - Terna -

http://www.terna.it/LinkClick.aspx?fileticket=hIxpw2Cgfnc%3D&mid=84&tabid=1

[5] "Photovoltaic Solar Electricity Potential in European Countries", JRC

http://re.jrc.ec.europa.eu/pvgis/cmaps/eu_cmsaf_opt/PVGIS-EuropeSolarPotential.pdf

[6] "I prezzi dei moduli fotovoltaici 2014" -

http://www.pannellifotovoltaicisolari.com/i-prezzi-dei-moduli-fotovoltaici-nel-2014/

[7] "Il futuro dell'energia", Mario Silvestri - Bollati Boringhieri

[8] Performance of photovoltaics in Germany - SMA -

http://www.sma.de/en/company/pv-electricity-produced-in-germany.html

[9] HVDC transmission factsheet - Siemens, Settembre 2011 -

http://www.siemens.com/press/pool/de/events/2011/energy/2011-09-mallorca/factsheet-hvdc-e.pdf

[10] Tipi di batterie - Enelenergia -

https://www.enelenergia.it/mercato/libero/it-IT/e-obility/offerte/ricarica/le_batterie/tipi_di_batterie

[11] "Chi ha ucciso le rinnovabili?", C. Testa, G. Bettanini, P. Feletig -

http://www.assoelettrica.it/wp-content/uploads/2013/03/chi-ha-ucciso-le-rinnovabili2.pdf

[12] "La beata ignoranza sugli incentivi alle rinnovabili", di F. M. D'Arcangelo e F. Pontoni -

http://www.lavoce.info/incentivi-alle-rinnovabili-indagine-campionaria-ignoranza/

[13] "The economics of nuclear power" - World Nuclear Association -

http://www.world-nuclear.org/info/Economic-Aspects/Economics-of-Nuclear-Power/

[14] "Energiewende: energy transition in Germany" - The Guardian

http://www.theguardian.com/global-development-professionals-network/wwf-partner-zone/2014/aug/21/energiewende-energy-transition-in-germany

[15] "Germany's Green Energy Disaster: A Cautionary Tale For World Leaders", di Howard Rich - Forbes -

http://www.forbes.com/sites/realspin/2013/03/14/germanys-green-energy-disaster-a-cautionary-tale-for-world-leaders/

[16] "Germany's Green Energy Destabilizing Electric Grids", IER (Institute for Energy Research), 23 gennaio 2013 - http://instituteforenergyresearch.org/analysis/germanys-green-energy-destabilizing-electric-grids/

[17] Intervista a Roger Helmer - Atomi per la Pace (sottotitoli in italiano) - https://www.youtube.com/watch?v=S1hlLjxYsKk&

[18] PRIS - Power Reactor Information System (IAEA) - http://www.iaea.org/pris/home.aspx

[19] POSIVA - Final Disposal - http://www.posiva.fi/en/final_disposal/onkalo#.VEw39Mnbe2c

[20] "Forsmark for Swedish nuclear waste" - world nuclear news (wnn) -

http://www.world-nuclear-news.org/WR_Forsmark_for_Swedish_nuclear_waste_0306091.html

[21] "How France is disposing of its nuclear waste", di Rob Broomby (BBC) -

http://www.bbc.com/news/science-environment-26425674

[22] "La sistemazione in sicurezza delle scorie nucleari", di V. Romanello, G. Lomonaco, N. Cerullo - https://it.scribd.com/doc/56655761/La-Sistemazione-in-Sicurezza-Delle-Scorie-Nucleari

[23] "Il caso di Oklo - Può la fissione nucleare essere un fenomeno naturale?", di V. Romanello -

http://www.archivionucleare.com/index.php/2007/01/25/oklo-fissione-nucleare-naturale/

[24] "Le scorie nucleari del passato programma nucleare italiano: una bomba ad orologeria da disinnescare ", di V. Romanello (Atomi per la Pace) -

http://www.atomiperlapace.it/articoli/energia-nucleare/43-le-scorie-nucleari-del-passato-programma-nucleare-italiano

[25] "Incidenti stradali in Italia" - ISTAT - http://www.istat.it/it/archivio/102885

[26] Disastro del Vajont - http://www.vajont.net/

[27] "Agosto 1975, il tifone Nina sulla Cina: il disastro della diga di Banqiao", di Giovanni Staiano - Meteogiornale - http://www.meteogiornale.it/notizia/17511-1-cina-1975-il-disastro-della-diga-di-banqiao

[28] "30 years later, the truth of the world's largest dam collapse tragedy is revealed" - Nan Wang -  http://news.xinhuanet.com/politics/2005-11/26/content_3838722.htm

[29] "Fotoreporter: 'Scatti Vajont mi cambiarono vita'" - ANSA - http://www.ansa.it/web/notizie/photostory/primopiano/2013/09/28/Fotoreporter-Scatti-Vajont-cambiarono-vita-_9374617.html

[30] "UNSCEAR: the Fukushima accident" - UNSCEAR - http://www.unscear.org/docs/14-06112_Ebook.pdf

[31] "Nuclear Power Programs Restarting in Japan", Nick Wells -  28 ottobre 2014, Uranium Investing News -

http://uraniuminvestingnews.com/19890/nuclear-power-japan-sendai.html?pmc=E-1&MyID=cristiano.barbaro%40gmail.com&utm_source=Resource+Investing+News&utm_campaign=3024b93e38-RSS_EMAIL_CAMPAIGN&utm_medium=email&utm_term=0_f83d87db0f-3024b93e38-238538781

[32] "Fukushima: cresce l'allarme nucleare " - La Stampa, 29-4-2012

http://www.lastampa.it/2012/04/29/blogs/underblog/fukushima-cresce-l-allarme-nucleare-v2fFJFUZcvYZ96e5FJ9hbP/pagina.html

[33] "Projected Costs of Generating Electricity" - 2010 Edition, NEA

https://www.oecd-nea.org/pub/egc/docs/exec-summary-ENG.pdf

[34] "I veri costi dell'energia nucleare", V. Romanello - Atomi per la Pace

http://www.atomiperlapace.it/articoli/energia-nucleare/14-i-veri-costi-dell-energia-nucleare

[35] "Il nucleare: passato o futuro per l’Italia? Scelte razionali non possono ignorare i costi - Il bilancio dell'utente elettrico e un mix energetico plausibile", Domenico Salimbeni - INFORMAZIONE 117 - http://www.ingegneri-ca.net/documenti/informazione/info117-e.pdf

[36] "The limits to growth", D. H. Meadows, D. L. Meadows, J. Randers, W. W. Behrens III - A Report for the CLUB OF ROME'S Project on the Predicament of Mankind - A Potomac Associates Book

http://www.donellameadows.org/wp-content/userfiles/Limits-to-Growth-digital-scan-version.pdf

[37] NEA/OECD and IAEA. Uranium 2009: Resources, Production and Demand; OECD: Paris,

France: 2010; ISBN: 9264047891.

[38] MIT. The Future of the Nuclear Fuel Cycle. An Interdisciplinary MIT Study; Summary Report;

Massachusetts Institute of Technology: Cambridge, MA, USA, 2010; ISBN: 978-0-9828008-1-2.

[39] "Sustainable Nuclear Fuel Cycles and World Regional Issues", Vincenzo Romanello, Massimo Salvatores, Aleksandra Schwenk-Ferrero, Fabrizio Gabrielli, Barbara Vezzoni, Andrei RineiskiConcetta Fazio - Sustainability 2012, 4(6), 1214-1238 - http://www.mdpi.com/2071-1050/4/6/1214

[40] "Five (actually 6) reasons why nuclear is not a good business model or the answer to climate change", Jeremy Rifkin - Nuclear Free Planet -

http://www.nuclearfreeplanet.org/articles/jeremy-rifkin-five-%28actually-6%29-reasons-why-nuclear-is-not-a-good-business-model-or-the-answer-to-climate-change.html

[41] "Rifkin, l'energia fai-da-te: così ci salveremo dal nucleare", di Riccardo Staglianò - Repubblica - http://www.repubblica.it/2008/04/sezioni/ambiente/rifkin-idorgeno-italia/rifkin-energia/rifkin-energia.html

[42] IAEA - PRIS (Power Reactor Information System), France - http://www.iaea.org/pris/CountryStatistics/CountryDetails.aspx?current=FR

[43] "Elements of Environmental Science and Engineering", P. Meenakshi - PHI, 2012 Second Edition

[44] “Presentazione del film “Pandora’s Promise””, Associazione Italiana Nucleare (AIN) - Roma,08.05.2014 - http://www.associazioneitaliananucleare.it/media/multimedia/foto/foto-presentazione-del-film-pandoras-promise-08-05-2014/

[45] "Quell’indice dell’ignoranza primato senza gloria", Beppe Severgnini - Corriere della Sera -

http://www.corriere.it/cronache/14_novembre_02/quell-indice-dell-ignoranza-primato-senza-gloria-dde872cc-6275-11e4-9f8e-083eb8ae3651.shtml
[46] "La decadenza dell'Europa occidentale 1890-1946", Mario Silvestri - Vol.1 e 2 – BUR

Indice

Premessa

Indagine demoscopica promossa da Atomi per la Pace

Energia rinnovabile

Energiewende

Altre motivazioni

Presunta impossibilità di gestire le scorie nucleari

Timori di una gestione poco trasparente e di infiltrazioni mafiose

Rischio di incidenti

Costo e indipendenza energetica

Il mito del consumo di acqua

Conclusioni

Bibliografia