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Considerazioni sui Rischi di Proliferazione Nucleare Il 7 settembre
1972 il primo ministro indiano Indira
Ghandi concesse l’autorizzazione agli scienziati del BARC (Bhabha Atomic Research Centre – fig. 1) alla costruzione del
primo ordigno nucleare indiano, ufficialmente nell’ambito di ricerche nel campo
delle esplosioni nucleari per applicazioni pacifiche. Tale test, effettuato il
18 maggio 1974, venne chiamato Smiling
Buddha. Trattatasi di un ordigno del tipo ‘Fat Man’, seppur meno sofisticato. Il progetto impiegò più di 75
tecnici, fra cui il capo del team Raja Ramanna. Fig. 1 - Bhabha Atomic Research
Centre Il dispositivo
utilizzava un sistema di implosione con esplosivi sviluppato al DRDO (Defence Research
and Development Organisation) Terminal Ballistics Research Laboartory (TBRL) di
Chandigarh, e si basava sul design della bomba americana della seconda guerra
mondiale. Il sistema era però più semplice e meno sofisticato. I 6 Kg di
plutonio che componevano il pit venivano dal reattore CIRUS[1]
(Canada India Research U.S.) del BARC. La sorgente di neutroni era costituita
del tipo polonio-berillio (nome in codice ‘fiore’). La bomba, una volta
assemblata pesava 1400 kg. Il test fu
condotto a Pokhran, nel deserto del Thar, alle 8:05 AM. Trattavasi di un test
sotterraneo condotto a -107 metri di profondità. Il potenziale
esplosivo fu di 12 kiloton secondo le fonti ufficiali, ma fonti esterne hanno
parlato di un range compreso fra 2 e 20 kiloton. La stima più probabile, in
base a dati sismici, parla di 8 kiloton. Si è riportato
che il cratere lasciato dal test presentasse un diametro di 47 metri ed una
profondità di 10. Foto recenti di satelliti commerciali (tipo l’Ikonos il 3
febbraio 2000) hanno mostrato crateri dal diametro apparente di 60 metri,
dimostrando che il cratere ha subìto delle modificazioni (fig.2). Per una analisi
dettagliata dei dati sismografici delle splosioni indiane si veda [1]. Fig.2
– Cratere del test Smiling Buddha -
bombe a fissione al plutoniuo da 12 kt -
bombe a fissione potenziate a fusione da 15-20 kt -
bombe al plutonio a basso potenziale da 0.1 a 1 kt -
progetti per bombe termonucleari da 200-300 kt. Si ritiene che
lo stock indiano di plutonio di grado militare ammonti a circa 300 kg,
sufficiente per la costruzione di 45-95 ordigni. A questo
aggiungasi le potenzialità missilistiche dell’India a corto e medio raggio
(missili Prithvi, carico da 500 kg e
range di 250 km, e Agni-II, carico da
1000 kg e range di 2500 km). Per ulteriori dettagli sull’arsenale indiano si
veda [2]. Il Pakistan non
ha sottoscritto il Trattato di Non
Proliferazione Nucleare. Non è notro quando questo paese abbia iniziato a
sviluppare il proprio programma nucleare, ma si ritiene ciò debba essere
avvenuto intorno agli anni ’60. Il Pakistan ha condotto i suoi primi 5 test il
28 maggio 1998. Il fondatore del programma nucleare pakistano è considerato Zulfikar
Ali Bhutto[2], che lo promosse subito dopo la perdita del
Pakistan dell’Est in seguito alla guerra del 1971 con l’India. In seguito al
test nucleare indiano svoltosi nel 1974 infatti (Smiling Buddha), Bhutto reagì duramente e dichiarò che il Pakistan
doveva disporre di un proprio “deterrente nucleare”[3].
Fu incaricato Abdul Qadeer Khan (vedi oltre), ingegnere metallurgico che
lavorava per una ditta olandese, che si impossessò dei progetti della URENCO
per la costruzione delle ultracentrifughe. Lo sviluppo delle armi pakistane ha
luogo a Kahuta e Joharabad. Si stima che l’impianto di Kahuta disponga di 3000
centrifughe per l’arricchimento dell’uranio. Nel 1990 il Pakistan ha iniziato a
produrre anche plutonio di grado militare. Con l’aiuto della tecnologia cinese
questo paese ha costruito il piccolo reattore sperimentale Khusab, da 40 MWt, che è divenuto operativo nel 1998. Si stima tale
reattore possa produrre circa 8-10 kg di plutonio all’anno, col quale si può
costruire almeno una testata nucleare. Il reattore può produrre anche il tritio
(anche se le armi moderne utilizzano direttamente il Li6). L’utilizzo
del plutonio dovrebbe rendere gli ordigni più leggeri e quindi più facilmente
trasportabili per mezzo di missili balistici. Si stima il Pakistan disponga fra 35 e 90
testate nucleari ad uranio altamente arricchito, con un valore mediano pari a
60; si pensa ad un design ad implosione con 15-20 kg di materiale per testata.
Si pensa inoltre sia stato prodotto del pluonio di grado militare, sufficiente
a realizzare 3-5 testate/anno (con 5 kg di plutonio a testata). Islamabad
dichiara di tenere i nuclei fissili separati dagli altri componenti esplosivi
non nucleari, ma che possono essere assemblati in tempi molto brevi. La
Repubblica Popolare Cinese ha giocato un ruolo chiave nell’assistenza al
Pakistan in merito ai suoi programmi nucleari (specialmente in seguito alle
restrizioni internazionali imposte al traffico verso questo paese di materiali
nucleari). Figura 3 –
Apparizione di Khan il 4 febbraio 2004 sulla televisione pakistana, in cui egli
confessa il suo ruolo nel traffico internazionale di tecnologia nucleare. Abdul Qadeer Khan si laureò in ingegneria in
Pakistan, all’Università di Karachi, ed in seguito si recò in Germania, Olanda
e Belgio, dove conseguì il suo Ph.D all’Università
Cattolica di Leuven nel 1972. Nello stesso anno Khan entrò a far parte
dello staff del Laboratorio di Ricerca di
Fisica Dinamica di Amsterdam, che lavorava a contratto per la URENCO.
L’impianto adoperava la tecnologia delle centrifughe del tipo Zippe[4] (i cui dettagli
costruttivi sono coperti da segreto al fine di evitare la proliferazione
nucleare). Khan lasciò l’Olanda nel 1975, e fu posto a capo del programma
nucleare pakistano. In una rivelazione dell’agosto 2005, il primo ministro
olandese Rudd Lubbers, dichiarò che il suo paese era a conoscenza del fatto che
Khan stesse sottraendo dei segreti nucleari, ma di averlo lasciato fare in
seguito alle esplicite richieste della CIA di poter continuare a seguire i suoi
movimenti. Il dott. Khan Laboratorio di Ricerca Ingnegneristica a Kahuta, Pakistan, nel
1976, successivamente nominato Laboratori
di Ricerca Khan dal generale Muhammad Zia-ul-Haq, figura di spicco del
programma nucleare pakistano. Il centro si occupò anche dello sviluppo del
missile Ghauri[5]. Il Pakistan mise
rapidamente a punto la tecnologia di arricchimento dell’uranio (si stima a
partire dal 1986). Nel 1983 fu condannato a quattro anni di reclusione in
contumacia per spionaggio, ma egli respinse le accuse dichiarando di aver messo
a punto tali tecnologie in maniera autonoma. Il governo degli Stati Uniti si convinse, in
seguito ad azioni di spionaggio, che il Pakistan stesse fornendo tecnologia per
l’arricchimento dell’uranio alla Corea del Nord in cambio di tecnoilogia
missilistica (i giornali riportarono la notizia di un progetto cinese di una
roza ma efficace bomba all’uranio di progettazione cinese che il dott. Khan
avrebbe avuto nella sua valigetta). Nel 2003 emerse che il dott. Khan aveva
cercato di vendere tecnologia nucleare all’Iran a partire dal 1989; in seguito
alle ispezioni della IAEA si deternimò infatti che l’Iran aveva realizzato una
serie di ultracentrifughe in cascata in base ai design ‘sottratti’ alla URENCO,
e ottenuti da un ‘intermediario straniero’. In seguito alla rinuncia a
perseguire i propri programmi sulle armi di distruzione di massa anche la Libia
svelò di possedere impianti simili a quelli iraniani (fig.4). Figura 4 –
Ultracentrifughe per l’arricchimento dell’uranio acquistate che la Libia ha
acquistato dal ‘mercato nero nucleare’ del dott. Khan Nel febbraio 2004 il dott. Khan dovette
ammettere pubblicamente di aver fornito tecnologia nucleare all’Iran, la Libia
e la Corea del Nord; fu ‘perdonato’ dal presidente Musharraf, ma da allora è
agli arresti domiciliari. Pare che i componenti delle ultracentrifughe fossero
stati realizzati in Malesia. Si è pensato che egli fosse spinto
fondamentalmente da tre tipi di motivazioni: I) una sfida alle nazioni
occidentali e la voglia di violare la segretezza in materia; II) il desiderio
di dotare le nazioni musulmane di armi nucleari; III) il denaro. Si è speculato inoltre sul fatto che le
figlie di Khan, cittadine britanniche, posseggano documenti compromettenti che
legano le sue attività col Governo del Pakistan. Il programma
nucleare israeliano è stato supportato da altre nazioni. Nel 1956, dopo la
crisi di Suez, la Francia accordò l’aiuto per la costruzione di un reattore
nucleare (ad uranio naturale, moderato con acqua pesante) ed un impianto di
riprocessamento nel sito di Dimona[6]. La
produzione del plutonio iniziò nel 1964. Alcuni documenti resi pubblici
dimostrerebbero che la Gran Bretagna fra il 1950 ed il 1960 avrebbe effettuato
numerose spedizioni di materiali soggetti a restrizioni (quali prodotti chimici
necessari per il riprocessamento, campioni di uranio 235, plutonio e litio 6).
Tali indagini proverebbero anche che la stessa Gran Bretagna fra il 1959 ed il
1960 avrebbe inviato in Israele 20 tonnellate di acqua pesante con consentire
la realizzazione del reattore di Dimona (pare che la transazione sia stata effettuata
attraverso la norvegse Noratom). Nel
1961 il Primo Ministro Israeliano Ben Gurion informò quello canadese, John Diefenbaker, che nel sito di Dimona un
impianto pilota per la separazione del plutonio sarebbe stato realizzato;
l’intelligence britannica concluse, in base a questa ed altre informazioni in
suo possesso, che Israele intendeva dotarsi di armi nucleari. Quando un aereo spia statunitense U-2 sorvolò
il sito allo scopo di esaminarne l’aria e rilevare sottoprodotti radioattivi di
origine artificiale, gli USA, agli inizi degli anni ’60, richiesero ad Israele
di accettare le ispezioni internazionali. Israele accettò, ma a condizione che
venissero utilizzati ispettori statunitensi e che inoltre fosse avvisato con
anticipo delle ispezioni. Questo, secondo alcune rivelazioni, consentiva agli
israeliani di costruire ad hoc false pareti/pannelli, celando molti dei segreti
ivi contenuti. Gli ispettori conclusero che le ispezioni, a queste condizioni,
erano del tutto inutili, e nel 1969 gli USA le interruppero. La prima rivelazione pubblica dell’arsenale
nucleare israeliano si ebbe sul Sunday
Times del 5 ottobre 1986, che pubblicò le informazioni ricevute da
Mordechai Vanunu, un impiegato al centro di ricerca nucleare di Negev (fig. 5-9).
Vanunu dichiarò che Israele produceva 30 kg di plutonio all’anno, e che ne
usava 4 per la costruzione di ogni ordigno. Vanunu svelò che Israele disponeva
di circa 100-200 bombe, ed anche di ordigni termonucleari – montati su sitemi
missilistici di tipo Jericho (che oggi arrivano a poter trasportare fino a
1000-1300 kg per un range di 4800 km, consentendo quindi di colpire qualunque
stato Arabo, come anche l’Europa e l’Africa) . Figura 5 –
Istituto 2, sito di Dimona, fotografato da Mordechai Vanunu Figura 6 – pannello
di controllo, sito di Dimona, fotografato da Mordechai Vanunu Figura 7 – Modello
di arma nucleare, sito di Dimona, fotografato da Mordechai Vanunu Figura 8 –Sala
di controllo dell’impianto di separazione del plutonio, sito di Dimona,
fotografato da Mordechai Vanunu Figura 9 –Glove
box per la lavorazione di componenti di precisione, sito di Dimona, fotografato
da Mordechai Vanunu Dati i buoni rapporti diplomatici con
l’allora primo Ministro Britannico Margaret Thatcher, il Mossad decise di non
violare le leggi britanniche, così fu necessario convincere Vanunu ad
abbandonare volontariamente il Regno Unito. L’integrità territoriale italiana
non ricevette lo stesso rispetto: conoscendo il debole di Vanunu per le donne,
un agente del Mossad, Cheryl Bentov, sotto il nome di “Cindy”, fingendosi una
turista americana, convinse Vanunu a trascorrere con lei una vacanza a Roma. Mordechai Vanunu fu catturato da agenti del
Mossad , drogato, condotto in Israele, e condannato a 18 anni di reclusione per
alto tradimento e spionaggio (di cui 11 scontati in isolamento). E’stato
rilasciato nel 2004, ma soggetto a varie restrizioni di movimento e parola. Nel 1998 il primo ministro Shimon Peres
dichiarò che Israele aveva “costruito un’opzione nucleare per avere una
Hiroshima bensì una Oslo[7]”.
1.3.1 - Capacità Offensive Israeliane Lo stato di Israele possiede tre sottomariuni
di fabbricazione tedesca del tipo Dolphin, equipaggiati con missili americani
Harpoon[8]
(fig.10) modificati per il trasporto di piccoli ordigni nucleari. Figura 10 – Missile Harpoon Non si è a conoscenza
di test nucleari israeliani. E’ possibile che lo stato di Israele abbia
ricevuto i risultati dei test atomici francesi. Negli anni ’60 si è diffusa la
notizia su alcuni giornali di alcuni test di implosione a potenza zero nel
deserto di Negev. Nel settembre 1979 il satellite Vela potrebbe aver assistito
ad una esplosione nucleare oceanica sperimentale da 3 kiloton nei pressi del
sud Africa, accompagnato da effetti acustici e ionosferici, possibile traccia
di un test congiunto Isrraeliano-Sudafricano. Il concetto alla
base della costruzione di un ordigno nucleare è quello di rendere supercritica
una massa sottocritica per mezzo di esplosivi convenzionali. Tale operazione
si prospetta più semplice per bombe all’uranio (con arricchimenti in U235
dell’ordine del 70-95%), in cui, dato il basso rateo di fissioni spontanee, e
quindi di produzione di neutroni, è sufficiente realizzare un ordigno del tipo
“a cannone” (con tecnologie industriali standard): ovvero basta sparare una
massa sottocritica in un’altra più grande per portare a criticità la bomba
(anche se con efficienze non elevatissime). Per le bombe al
plutonio è richiesto un design molto più sofisticato. In tal caso infatti -
come fu suggerito da Emilio Segrè nel 1944 [3]- le impurezze inevitabilmente
presenti nel plutonio, assieme all’alto rateo di fissioni spontanee, avrebbero
portato a predetonazione della bomba. La bomba all’uranio invece creava molti meno
problemi, tanto che fu sganciata sulla città giapponese di Hiroshima senza
eseguire un test preventivo (gli scienziati di Los Alamos erano sicuri avrebbe
funzionato). Il principio che
fu messo a punto quindi fu quello di comprimere rapidamente una sfera di
plutonio fino allo stato supercritico per mezzo di lenti esplosive. Si può stimare
la massa critica di una sfera di Pu239 sui 10 kg (che scende a 4 kg
con un riflettore di 15 cm di U238). In tabella 1
sono i riportati i ratei di fissione spontanea per i vari isotopi del plutonio. In tabella 2 la
composizione isotopica dei vari tipi di plutonio di diversa provenienza.
Tab. 1 - Rateo di emissione dei neutroni (per grammo
e secondo) dai vari nuclidi del plutonio
Tab.
2 – Composizione percentuale isotopica del plutonio di diversa provenienza 2-2 Caratteristiche Generali del Plutonio Il plutonio (che
trae il proprio nome dal pianeta Plutone, il successivo dopo Urano nel nostro
sistema solare) fu scoperto da Glenn Seaborg, Edwin McMillan, Kennedy ed Arthur
Wahl nel 1940 all’università di Berkley bombardando l’uranio con deutoni con un
ciclotrone da 60 pollici (circa un metro e mezzo). In natura si trovano tracce
infinitesimali di Pu239 (nelle miniere di uranio, per cattura
neutronica da fissione spontanea) e Pu244 (nelle miniere di cerio,
risalente ai tempi di formazione della crosta terrestre). Il plutonio è un
metallo argenteo molto pesante, lucido come il nichel appena pulito. E’
fortemente elettronegativo e reattivo. Si ossida rapidamente, formando una
successione di colori di interferenza dal giallo chiaro fino al nero. Se la
corrosione diviene importante si forma una polvere verde olivastra di PuO2.
La corrosione di questo metallo è molto più rapida in presenza di umidità.
Presenta 4 stati di valenza (III-VI). Presenta una solubilità significativa
solo in soluzioni acide forti( tipo acido nitrico o perclorico). Le soluzioni
concentrate sono instabili a causa del fenomeno di radiolisi, che portano a
precipitazione. Dato il non
trascurabile calore di decadimento un pezzo di plutonio è caldo al tatto (se
isolato termicamente può superare la temperatura di ebollizione dell’acqua). La sua densità è
pari a 19,84 g/cm3, il suo punto di fusione 641 °C (simile a quello
dell’alluminio), quello di ebollizione 3232 °C. E’ un metallo
con molte caratteristiche peculiari: è stato definito “il sogno dei fisici, l’incubo degli ingegneri”. Presenta la più
bassa conducibilità termica di ogni metallo, ed una delle più basse
conducibilità elettriche (superiore solo a quella del manganese). E’ il metallo
liquido più viscoso che si conosca. Subisce i più estremi e bizzarri
cambiamenti di densità al variare della temperatura. Il plutonio
presenta ben sei differenti fasi allotropiche, ossia più di qualunque altro
elemento. Il passaggio da una fase ad un’altra in alcuni casi comporta
sostanziali variazioni volume. In due di queste fasi (δ e δ’) presenta
l’insolita caratteristica di accorciarsi all’aumento della temperatura; in
altre presenta un coefficiente di espansione termica estremamente elevato. E’
un metallo che si contrae fondendo, consentendo al plutonio indisciolto di
galleggiare.Nella sua forma α è uno dei metalli più densi che si conoscano
(dopo osmio, iridio, platino, renio e nettunio). Qust’ultima è
quella che si ha a temperatura ambiente, ed è fragile. Nonostante
estremamente scarso in natura ne sono stati rilasciati 5000 kg nell’atmosfera
in seguito ai test nucleari (ad esempio il suolo degli USA ne contiene in media
2 mCi, pari a 28 mg, per km2). 2-3 Cenni di Metallurgia del Plutonio La fase stabile a
temperatura ambiente del plutonio è quella α (fino a 122 °C). In tale stato la
maggioranza degli atomi sono legati da legami covalenti (e non metallici, come
ci potrebbe aspettare), conferendogli proprietà più simili ad un materiale
ceramico che ad un metallo: si presenta infatti duro, rigido, fragile, e si
frattura in maniera molto direzionale. Si tratta quindi di una forma non
lavorabile con le normali tecniche. Nelle fasi δ e γ
invece è molto malleabile. Nella fase δ presenta le normali caratteristiche
metalliche, inclusa una eccellente duttilità. Presenta caratteristiche simili a
quelle dell’alluminio, ed è quindi desiderabile dal punto di vista della
lavorabilità. Nonostante presenti la insolita proprietà di accorgiarsi quando
riscaldato, il coefficiente negativo di espansione non è grande. E’ una fase solo
marginalmente stabile, ma la si può stabilizzare fino a temperatura ambiente
l’aggiunta di elementi trivalenti quali il gallio, l’alluminio, il cerio,
l’indio e lo scandio. Tuttavia anche
quando stabilizzato nella fase δ il plutonio tende a tornare nella fase α (bastano una pressione di pochi kilobar). E’
importante notare che per concentrazioni molari di gallio inferiori al 4% la
lega è metastabile, ossia che il cambiamento di fase indotto dalla pressione
rappresenta un fenomeno irreversibile. Per l’utlizzo in
armi nucleari il plutonio viene stabilizzato nella fase δ con concentrazioni
molari del 3-3.5% (pari allo 0.9-1.0% in peso): tale lega risulta stabile fra
-75 e 475 °C, presenta un coefficiente di espansione lineare prossimo a zero,
semplifica notevolmente le procedure di fusione (poiché l’unico passaggio di
fase si ha dalla fase ε a quella δ), e rende molto meno suscettibile il
plutonio alla corrosione. Una percentuale
del 3% fu utilizzata nelle bombe Gadget (deserto di Alamogordo, New Mexico) e
Fat Man (Nagasaki). A parte tale elemento di lega il plutonio contenuto era
molto puro. L’alluminio
rappresenta un buon agente alligante, ma presenta l’inconveniente delle
reazioni α–n. Il cerio non conferisce le caratteristiche di resistenza alla
corrosione. Le sfere di
plutonio vengono generalmente ricoperte da un deposito metallico, sia per
ridurne il rateo di corrosione che il rischio radiologico. La sfera
dell’ordigno Gadget fu ricoperta con nichel, esponendola ad una atmosfera di
nichel carbonile[9]. I depositi ottenuti per
evaporazione dell’alluminio e per elettrodeposizione dello zinco non sortiscono
buoni risultati. Un problema
potenzialmente serio nell’uso del plutonio per la costruzione di ordigni è
considerato l’alto tasso di emissione spontanea di neutroni. La presenza di
questi ultimi durante l’assemblaggio di una massa supercritica porta allo
sviluppo di reazioni nucleari ‘premature’, con conseguente abbassamento
dell’efficienza dell’ordigno (o al suo totale malfunzionamento). Le cause
fondamentali per la presenza di tale fondo neutronico sono due: la presenza
dell’isotopo 240 del plutonio (con sviluppo di neutroni dell’ordine di 106
n/sec·Kg), inevitabilmente presente, e le reazioni (α,n) con gli elementi
leggeri. Per minimizzare (ma non eliminare) quest’ultimo problema, bisogna
ridurre a poche parti per milione la concentrazione degli elementi leggeri (in
particolare Be, F, e B). Le prime tecniche
di produzione del plutonio metallico ad alto grado di purezza sono consistite
nella riduzione pirochimica di alogenuri del plutonio con metalli alcalini.
Tipicamente si è utilizzata la riduzione del PuF4 con Ca ed I,
tecnica utilizzata negli USA fino al 1970. Purezze maggiori si sono potute
ottenere con la raffinazione elettrolitica del metallo ottenuto col precedente
processo. Tecniche più recenti contemplano l’uso di ossido di plutonio (che fra
i vantaggi annoverano una minore produzione di rifiuti). La manipolazione
e l’utilizzo del plutonio fuso si avvale di attrezzi costruiti con tantalio
debolmente ossidato. I gusci di fusione possono essere costruiti anche con
grafite, acciao dolce o ghisa se ricoperti da fluoruro di calcio oppure ossidi
di zirconio o ittrio. Si possono utilizzare persino gusci di alluminio; in tal
caso il raffreddamento è talmente rapido che le fasi intermedie, che si formano
lentamente, sono quasi interamente bypassate. Nonostante il
plutonio presenti una tossicità chimica del tutto simile a quella di qualsiasi
metallo pesante, quest’ultima è molto piccola (quasi inosservabile) rispetto
alla sua radiotossicità. Questa deriva essenzialmente dalla sua attività quale
alfa emettitore, che lo rende pericoloso solo in caso di ingestione/inalazione:
il rateo di emissione di raggi gamma e neutroni infatti è troppo basso per
costituire un pericolo. In tale ottica quindi assume importanza la composizione
isotopica cui si fa riferimento. Si assuma dunque di analizzare il plutonio di
grado militare, libero dall’americio, con attività specifica pari a 0,071 Ci/g. Le particelle
alfa colpiscono solo i tessuti che contengono plutonio e che ne sono
direttamente a contatto. Gli effetti possono essere di tipo acuto o cronico. Se
il tasso di esposizione è alto gli effetti possono manifestarsi come acuti, con
effetti rapidi. Per basse esposizioni si ha un effetto cancerogeno cumulativo. Viene assorbito
scarsamento nel tratto gastro-intestinale, anche se ingerito come sale solubile.
Data la sua tendenza a precipitare nelle soluzioni acquose, ed a formare
complessi insolubili con altri materiali, la contaminazione dell’acqua tende ad
essere un fenomeno autolimitante. L’ingestione di
500 mg (7 Ci) di plutonio finemente suddiviso, o sottoforma di sale solubile,
porta alla morte per esposizione acuta da pochi giorni ad una settimana.
L’inalazione di 100 mg (1,4 Ci) sotto forma di particelle di dimensioni
ottimali per la ritenzione polmonare conduce al decesso per edema da 1 a 10 giorni.
L’inalazione di 20 mg (0,28 Ci) causano la morte per fibrosi entro un mese:
dosi inferiori diventano importanti gli effetti cancerogeni cronici. Per esercitare i
suoi effetti cronici il plutonio deve essere continuamente presente nel corpo.
Particelle delle apposite dimensioni (1-3 micron) inalate saranno depositate
permanentemente nei polmoni (una detonazione con alti esplosivi possono
convertire il 20-50% del plutonio in questa forma). Il plutonio
presente nei sitemi biologici normalmente presenta stato di ossidazione +4,
simile al Fe3+. Se assorbito nel sistema circolatorio presenta alta
probabilità di concentrarsi nei tessuti che contengono ferro: midollo osseo
(particolarmente sensibile alle radiazioni), fegato e milza. Il plutonio
presenta periodo di dimezzamento biologico di 80-100 anni quando depositato nel
sistema osseo, circa 40 anni nel fegato. Agenti chelanti possono aiutare alla
sua rimozione. Il deposito di 1,4 μg (0,1 μCi) nel tessuto osseo di un adulto
porta a malfunzionamento del sistema immunitario, e risulta probabile lo
sviluppo di un tumore osseo entro alcuni anni. L’ICRP (International Commission on Radiological Protection) specifica
l’ALI (Annual Limit of Intake) di 20
nCi/anno (280 nanogrammi). L’isotopo
principale del plutonio per la fabbricazione degli ordigni è il 239. Si forma
per bombardamento dell’U238 con neutroni lenti. Ciò avviene
automaticamente in tutti i reattori nucleari del mondo. I tipici burnup dei
reattori plutonigeni dedicati allo scopo è dell’ordine di 1˙000 MWd/T. Il
plutonio di grado militare prodotto a Hanford si ottiene con irraggiamenti
dell’ordine di 600 MWd/T; composizione analoga si ottiene con le pile atomiche
ad acqua pesante di Savannah River con irraggiamenti dell’ordine di 1˙000 MWd/T
(probabilmente grazie all’assorbimento neutronico legato alla produzione del
tritio). Durante la seconda guerra mondiale il reattore di Hanford produsse
plutonio militare con irraggiamenti dell’ordine di 100 MWd/T data l’urgenza
della situazione, producendo quindi un plutonio militare super-grade (circa 1% Pu240, quantità trascurabili degli
altri isotopi). 2-6 Plutonio di Grado Militare Negli U.S.A si
intende con questo termine quella composizione isotopica con un valore
dell’isotopo 240 inferiore al 7%. Si riportano di seguito le tipiche
composizioni isotopiche dei reattori di Hanford e Savannah River (Tab.3).
Tabella 3 – Composizione isotopica
del plutonio prodotto a Hanford e Savannah River Gli U.S.A hanno
prodotto anche plutonio con contenuti dell’isotopo 240 dell’ordine del 3 % e
del 1,5 % per impieghi in design speciali. Per
l’arricchimento dell’uranio si può sfruttrae la differenza di densità degli
isotopi 235 e 238: questo è il principio dell’ultracentrifugazione. Tuttavia la differenza di densità e pari solo
all’ 1,26%, e ciò richiede velocità di rotazione dell’ordine di 1500 rotazioni
al secondo (ovvero 90˙000 rivoluzioni per minuto). Si consideri che una normale
lavatrice domestica compie appena 15 rivoluzioni per secondo. Per ridurre
l’attrito il rotore gira a pressioni ridotte, e viene sostenuto da cuscinetti
magnetici. Il prototipo di
ultracentrifuga del tipo Zippe è
difficile da costruire, e richiede tolleranze molto strette (ad altissima
velocità di rotazione infatti la minima imperfezione porta ad inopportuni
carichi rotanti). Tali impianti presentano anche un certo grado di pericolosità
data la possibilità di esplosioni. Batteria di ultracentrifughe negli
USA Il fluido
utilizzato per l’arricchimento è l’esafluoruro d’uranio (UF6),
solido incolore che presenta il proprio punto triplo a 64°C. essendo un materiale fortemente aggressivo,
tutte le parti a contatto con esso devono essere realizzate con materiali
resistenti alla corrosione. Tale materiale viene adoperato anche per il
processo di diffusione gassosa, che
però è circa 60 volte energeticamente più dispendiosa
dell’ultracentrifugazione. Molecola dellUF6 e sua
struttura cristallina Numero
di Centrifughe di Stripping: 217 Numero
di Centrifughe di Arricchimento: 1453 Numero
totale di centrifughe: 1670 Ultracentrifughe
tipo controcorrente, lunghezza 250 cm, raggio delle centrifughe 25 cm, velocità
periferiche 600 m/s, temperatura media 320 K [1] http://nuclearweaponarchive.org/India/IndiaRealYields.html [2] http://nuclearweaponarchive.org/India/IndiaArsenal.html [3] LANL – Los Alamos National Laboratory - http://www.lanl.gov/history/atomicbomb/littleboyandfatman.shtml [4] FAS – Federation of American Scientists - http://www.fas.org/lib/form1.html [1]
Trattavasi di un reattore di ricerca, fornito dal Canada nel 1954 ma che
utilizzava l’acqua pesante fornita dagli U.S.A.
Era uno dei più antichi ed assomigliava al reattore canadese NRX. La
potenza era di 40 MWt, ed utilizzava uranio naturale quale combustibile ed
acqua pesante come moderatore. Può produrre fino a 10.5 Kg all’anno di
plutonio. Verrà chiuso nel 2010. [2] Zulfikar Ali Bhutto fu un uomo politico
pakistano, Presidente dal 1971 al 1973, e Primo Ministro dal 1973 al 1977. Il
suo governo fu autoritario e discusso. Venne riconosciuto colpevole della morte
di alcuni avversari politici dalla Suprema Corte e impiccato il 4 aprile 1979. [3] In
merito al programma dichiarò: ”Difenderemo la nostra patria con ogni mezzo
necessario e svilupperemo un arsenale nucleare secondo a nessuno. Mangieremo
erba per 1000 anni, se lo dovremo fare, ma ci riusciremo”. [4] La centrifuga di tipo
Zippe fu sviluppata in Unione Sovietica da un team di 60 tecnici tedeschi
detenuti in seguito alla Seconda Guerra Mondiale. Deve il suo nome a Gernot Zippe, ingegnere della Luftwaffe
che fu detenuto fino al 1956. Dopo la liberazione i suoi appunti furono
confiscati, ma egli fu in grado di ricostruire le sue centrifughe negli USA
(Università della Virginia). Il governo
americano cercò di assumerlo nella ricerca nucleare segreta, chiedendogli
persino di cambiare cittadinanza, ma egli rifiutò e tornò in Europa. Tali centrifughe basano il loro funzionamento su
elevatissime velocità di rotazione (100˙000 rotazioni al minuto – contro le 15
di una normale lavatrice). Per ridurre l’attrito funzionano sotto vuoto, e
poggiano su cuscinetti magnetici. Tra i suggerimenti del Dott. Zippe la sostituzione
dell’alluminio per la loro realizzazione con acciaio maraging (oggi si usano
anche fibre di carbonio e materiali compositi). [5] Il
missile Ghauri è un missile balistico a medio raggio, con gittata pari a circa
1500 Km e carico pagante di 700 kg (sufficienti a trasportare bombe atomiche
della potenza di 15-35 kT). Un recente libro del Presidente Musharraf svela che
la tecnologia necessaria per il suo sviluppo è stata importata dalla Corea del
Nord in cambio di denaro e dellecentrifughe per l’arrichimento dell’uranio. [6] Città
israeliano nel deserto di Negev, nel distretto meridionale di Israele (36 Km a
sud della città di Beer Sheva). La città fu fondata nel 1955 da David
Ben-Gurion. [7] In riferimento agli
Accordi di Oslo, firmati il 13 settembre 1993 da Yasser Arafat e Shimon Peres,
secondo i quali, in breve, l’autorità palestinese riconosceva ad Israele il
diritto di esistere, e quest’ultimo prevede un ritiro dalla Striscia di Gaza e
la nascita di una Autonomia Nazionale Palestinese. [8] Missile dal peso di 628
kg, diametro di 340 mm, velocità di 850 km/h, con testata da 221 kg. Costo
unitario 720 000 $. [9] Liquido di formula chimica
Ni(CO)4, velenoso, incolore, infiammabile, che bolle a 43°C;
solubile in alcol ed insolubile in acqua, utilizzato per i depositi di nichel. |
Indice 1 - Considerazioni Storiche 1.1- I test nucleari indiani 1.2- Il programma nucleare pakistano 1.2.1- La figura di Abdul Qadeer Khan 1.3- Il programma nucleare isrealiano 1.3.1 - Capacità Offensive Israeliane 2 - Caratteristiche del Plutonio di Grado Militare 2-1 Introduzione 2-2 Caratteristiche Generali del Plutonio 2-3 Cenni di Metallurgia del Plutonio 2-4 Tossicità del Plutonio 2-5 Produzione del Plutonio 2-6 Plutonio di Grado Militare Appendice A: cosiderazioni progettuali sulle ultracentrifughe per l’arricchimento dell’uranio Bibliografia |