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I VERI COSTI DELL-ENERGIA NUCLEARE Vincenzo Romanello, Guglielmo Lomonaco e Nicola Cerullo
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Considerazioni preliminariFin dalla loro nascita, i reattori nucleari per uso industriale sono stati sottoposti ad una serie di critiche. Alcune di queste prendevano origine dal timore che una politica nucleare avrebbe comportato un regime con servizi di sicurezza molto più strutturati, a scapito di una richiesta di libertà totale. Pertanto, gli antinucleari (vedi per esempio l’americano Ralph Nader) non potendo direttamente esternare i loro timori, hanno sempre giustificato la loro avversione politica con argomentazioni tecniche in continua variazione. Si è iniziato con la sicurezza (“il reattore può diventare una bomba”); sfatata questa minaccia, si è detto che il costo dell’energia prodotta per via nucleare era molto più alto di quello dell’energia prodotta per via convenzionale. Ciò avveniva quando il petrolio costava 12 $ al barile. E non era vero. Dopo che il petrolio ha viaggiato verso gli 80 $ al barile si ripetono, rafforzate, le stesse cose. Sembra quindi opportuno affrontare questo argomento e dimostrare, sulla base delle cifre, la falsità di questa affermazione. Attualmente, l’incremento della richiesta energetica in Italia e più in generale nel mondo ha largamente superato le previsioni. Tutto lascia presumere che tale trend continuerà immutato anche tenendo conto della crescente richiesta da parte dei paesi in via di sviluppo. Se si guarda alle possibili fonti di energia attualmente e nel prossimo futuro disponibili, esse sono condizionate da almeno tre importanti fattori:
In realtà anche questo, come tutti i problemi complessi, non è semplicemente scindibile in sottoproblemi completamente indipendenti l’uno dall’altro. Ad esempio quantificare quale sia la reale disponibilità di una certa fonte energetica è funzione sia dei costi economici ritenuti “accettabili” per il suo approvvigionamento sia di quelli (di tipo diverso) relativi all’impatto ambientale. D’altro canto, non è possibile stimare quale sia il reale costo di una fonte energetica senza considerare sia la sua disponibilità (soprattutto in rapporto a quella delle altre possibili fonti) sia gli eventuali costi necessari per contenere entro limiti accettabili il suo impatto ambientale. Per ciò che concerne le risorse energetiche primarie in Italia, gran parte della nostra produzione di energia elettrica è (e sarà sempre di più) legata all’importazione di fonti di energia, se non direttamente di elettricità, dall’estero. Infatti, le nostre risorse, quali: - il (relativamente poco) petrolio presente in Basilicata, - l’energia ottenibile sfruttando la fonte idroelettrica, - quella ottenibile sfruttando il Sole, - il vento, non riuscirebbero, anche nella migliore delle ipotesi, a coprire neanche la metà del nostro fabbisogno energetico. Ne consegue che l’Italia importa e dovrà importare grandi quantità di petrolio e di gas naturale da paesi ad alto rischio di instabilità politica (Algeria, Medio Oriente) ed una considerevole quantità di energia elettrica dalla Francia (dove viene prodotta per lo più utilizzando centrali nucleari); tale quantità di energia elettrica è così elevata da superare la capacità di trasporto delle linee presenti fra Italia e Francia, cosicché una parte di essa viene importata attraverso la Svizzera, dovendo ovviamente sopportare un non trascurabile aggravio dei costi causato sia al pagamento dei diritti sia che alle aumentate perdite lungo la linea. Ciononostante, tale scelta risulta comunque conveniente! Alla luce di queste considerazioni, è doveroso valutare brevemente la reale situazione energetica italiana. Il primo elemento che balza agli occhi è il prezzo dell’energia elettrica per l’industria: i dati (pur relativi a qualche anno fa) illustrati in tab. 1 sono francamente preoccupanti (e negli ultimi anni sono ulteriormente peggiorati a causa dell’aumento dei costi delle fonti fossili).
Tabella 1 – Costo normalizzato dell’energia elettrica all’industria negli anni 1999/2000 [7] Particolarmente interessante è il confronto fra la situazione italiana e quella della Francia, paese che, per cultura, tradizione, condizioni climatiche, disponibilità di fonti energetiche primarie, presenza di una grande azienda nazionale per la produzione e la distribuzione dell’elettricità, è più degli altri assimilabile al nostro. Il costo dell’energia per l’industria italiana è pari praticamente al doppio di quello sostenuto dalle analoghe industrie transalpine: è ovvio come tale sovrapprezzo si ripercuota negativamente sulla competitività delle nostre aziende nazionali in un mercato sempre più globalizzato. Ultima, ma non meno importante, è la questione ambientale. Circa i 4/5 dell’attuale produzione energetica italiana è ottenuta bruciando petrolio, gas naturale e (in misura minore) carbone: tutte e tre le fonti emettono nell’atmosfera massicce quantità di CO2 e di altri inquinanti cancerogeni. Anche lo stesso gas metano, tante volte pubblicizzato come una fonte energetica “pulita”, emette nell’atmosfera non solo CO2 ma soprattutto, a causa delle perdite durante l’estrazione ed il trasporto, considerevoli quantità di CH4; quest’ultimo, ai fini del famigerato effetto serra (se si accetta la sua esistenza e la sua sostanziale antropogenicità), presenta un GWP (Global Warming Potential) pari a 21. Attualmente l’unica fonte in grado di produrre una rilevante quantità del nostro fabbisogno energetico senza l’emissione in atmosfera di CO2 e di altri gas dannosi è quella nucleare. Per un paese come l’Italia non solo firmatario, ma anche strenuo sostenitore del protocollo di Kyoto e delle successive analoghe iniziative, è imprescindibile porsi il problema di come produrre l’energia elettrica sufficiente al proprio fabbisogno riducendo le attuali quantità di gas serra emessi nell’atmosfera. Da queste considerazioni discende che, nel prossimo futuro, l'Italia non potrà fare a meno dell'energia nucleare. A questo punto la classe politica dovrà rivedere le sue avventate decisioni prese sulla base di una presunta volontà popolare e non periodicamente riesaminate come pur previsto nel decreto di chiusura delle centrali nucleari. Un esame obbiettivo degli effetti sull'ambiente e sulla salute della popolazione degli attuali impianti convenzionali per la produzione di energia, porta, come risultato, la quantificazione di una serie di danni ben superiore a quelli conseguenti a qualsiasi ipotizzabile incidente nucleare. Lo stesso incidente di Chernobyl, assunto come “esempio illuminante” per dimostrare il “drammatico” impatto di un incidente nucleare, ha totalizzato (ad un esame ufficiale e realistico effettuato nel 1996 dalla IAEA [17]) un numero limitato di vittime (64 morti), quasi tutti per cause immediate e meccaniche e, nel lungo periodo, una limitatissima (se non addirittura opinabile) variazione nella statistica delle malattie oncologiche. Tutto ciò prescindendo dalla singolarità sia del tipo del reattore sia delle cause che hanno provocato l'incidente[. Comunque, l’effettiva validità tecnica e le positive caratteristiche in termini di impatto ambientale di una determinata tecnologia, se rappresentano sicuramente requisiti fondamentali per il successo della stessa, non sono però sufficienti a giustificarne l’uso. E’ necessario infatti che il costo del prodotto ottenuto sia se non vantaggioso, per lo meno accettabile rispetto allo stesso ottenuto con altre tecnologie. Questo è sicuramente vero anche per la produzione elettronucleare dell’energia. In questa prospettiva tenteremo in seguito di valutare il costo del kWh prodotto per via nucleare, analizzando le diverse componenti e confrontandolo, infine, con l’analogo costo del kWh prodotto da diverse fonti. Si è seguita una procedura forse un po’ laboriosa, ma necessaria per consentire una verifica dei risultati ottenuti. Criteri di valutazione generale dei costiSeguendo una procedura consolidata, per prima cosa si devono considerare i costi fissi di impianto, che, nel caso di produzione elettronucleare, hanno una incidenza particolarmente elevata sul costo del prodotto finale. La valutazione di tali costi comprende:
Naturalmente gran parte di queste voci sono presenti nei capitoli di spesa anche di altri tipi di impianto. Per gli impianti nucleari, però, esse sono particolarmente elevate, soprattutto per la rigorosa applicazione delle particolari norme di sicurezza e della garanzia della qualità, da sempre caratteristiche di questa tecnologia. Ad esempio a poter incidere molto significativamente sui costi può contribuire il tempo di realizzazione della centrale: è necessario quindi che la qualificazione del sito, particolarmente lunga e complessa per gli impianti nucleari, sia rapida. A tale scopo il nostro Paese potrebbe vantaggiosamente utilizzare le aree già qualificate a tale scopo. Altro costo legato alla produzione elettronucleare dell’energia riguarda il ciclo del combustibile, in questo caso molto meno gravoso rispetto alle fonti fossili. Esso comprende le varie fasi della complessa lavorazione del combustibile stesso, fino allo smaltimento sicuro delle scorie in siti geologicamente stabili. L’insieme dei costi da considerare sono quindi: a) quelli di produzione, suddivisibili in: - costi fissi:
- costi variabili:
b) quelli di costo dell’impianto, suddivisibili in: - diretti:
- indiretti:
c) costo del combustibile (per impianto PWR) - estrazione del minerale - purificazione dell’uranio - conversione in esafluoruro - arricchimento - riconversione in ossido - fabbricazione degli elementi di combustibile - trasporto ed immagazzinamento - bruciamento - decadimento in piscina del combustibile irraggiato - trasporto del combustibile irraggiato - trattamento del combustibile irraggiato con eventuale recupero di uranio e plutonio - immagazzinamento e smaltimento sicuro c) costi di esercizio e manutenzione: - personale di esercizio ed amministrativo - attività di ispezione - riparazioni e sostituzioni di componenti - acquisto di materiali di consumo - etc. d) costi di smantellamento e recupero del sito: viene inserita nel costo del kWh una voce apposita, che attualizzata al momento dello smantellamento fornisca le risorse finanziarie necessarie per riportare il sito alla situazione di cosiddetto “prato verde” (greenfield). Costo dell’Energia ProdottaCosti di Impianto Il costo ci dell’energia elettrica prodotta [1] per la parte riguardante i costi di impianto sarà dato dal costo Ka dello stesso attualizzato all’inizio dell’esercizio commerciale, moltiplicato per il fattore di annualità[12] x e fratto la quantità di energia prodotta in un anno Ep: dove fc rappresenta il fattore di carico (definito come il rapporto fra la quantità di energia elettrica prodotta effettivamente entro l’anno e quella che sarebbe stata prodotta se l’impianto avesse funzionato alla massima potenza per tutte le 8˙760 ore annuali); We la potenza elettrica netta dell’impianto, in kilowatt (energia prodotta in un anno: Ep=8˙760·fc·We). Il fattore di annualità sarà dato dalle quote per interessi (x1) e per l’ammortamento (x2): Da una serie di complesse considerazioni possiamo porre Ka=(1,1÷1,2)·Kn (dove Kn è il costo nominale), in base al tempo di costruzione T, all’interesse annuo, alla distribuzione temporale delle spese, etc. Avremo allora: costo nominale: Kn = 1˙400 €/kW·106 kW = 1,4·109 € [3] tempo di costruzione: T = 5 anni tasso di interesse: x1 = 5% durata esercizio: n = 40 anni fattore medio di carico: fc = 0,7 e sarà: Ka= 1,4·Kn = 1,68·109 € x = 0,058 e quindi, applicando la (1) ad un impianto da 1˙000 MWe si otterrà:
ovvero, ci = 1,6 eurocents/kWh. Tale valutazione è (come evidenziato nelle conclusioni) senz’altro cautelativa (anche perché si immagina il capitale sia interamente finanziato, ossia totale assenza di capitale proprio).
Costo del ciclo del combustibileCome già detto si parla di costo del ciclo di combustibile. L’incidenza sul costo sarà data dal rapporto fra i costi relativi agli oneri finanziari ed all’accantonamento per il successivo trattamento e l’energia prodotta. Se indichiamo con Cc il costo del combustibile fresco e con nc il numero di anni in cui esso raggiunge il previsto burnup, il rateo annuale relativo sarà: che comporterà un onere finanziario paria a: L’energia prodotta sarà: con b burnup medio allo scarico, in kWd/kg, ed η rendimento dell’impianto. L’incidenza dei costi di trattamento (ct) e riutilizzo (cr) saranno:
Facendo riferimento allora nuovamente ad una centrale PWR da 1˙000 MWe, e ponendo: x1 = 5% b = 33˙000 kWh/kg nc = 3 anni η = 0,3 essendo Cc = 1˙620 €/kgU, abbiamo: Rc = 594,88 €/kg anno Sc = 1˙785 €/kg Cc = Sc/Ep L’energia prodotta: Ep = 2,1·105 kWh/kg Essendo: Ct = 521,0 €/kg, e Cr = -98,5 €/kg, sarà:
Ricordiamo che in tale computo è stato considerato lo stoccaggio in cask o riprocessamento. Alcune fonti peraltro indicano costi più bassi di quelli riportati. La soluzione svedese infatti, che contempla lo smaltimento sicuro in siti geologicamente stabili in cask in rame ed acciaio con caratteristiche durevoli nel tempo, richiede costi di smaltimento dell’ordine di 0,01 SEK/kWh (pari a circa 0,1 eurocents/kWh). Si noti che se il prezzo indicato dell’uranio triplicasse, da facili calcoli si otterrebbe un costo totale del ciclo del combustibile pari a solo 1,32 eurocent/kWh. Costi esercizio e manutenzioneCoinvolge varie voci: retribuzioni del personale, manutenzioni ordinaria e straordinaria, materiali di consumo, oneri assicurativi, licenze, etc. Assumendo un valore orientativo di 0,5 eurocents/kWh [1, 3, 10] si avrebbe, per la tipologia di impianto considerato, un onere di oltre 30 milioni di euro all’anno: Costi di smantellamento e recupero del sitoAl contrario di molti altri settori della tecnologia, in campo nucleare ci si pone da subito il problema dello smantellamento dell’impianto. Pur essendo tale costo fortemente variabile, e mancando valutazioni precise, si pensa [1] che questo si aggiri fra il 20% ed il 40% del costo attualizzato dell’impianto. Possiamo porre quindi csm= 0,05 eurocents/kWh [10]. Si noti che l’accantonamento di tale cifra costituirebbe un capitale, dopo 40 anni all’interesse annuo del 5% (considerando un reinvestimento annuo di 3˙066˙000 €), pari a oltre 370 milioni di euro (pari a circa il 26% del costo dell’impianto). Se poi l’impianto fosse esercito per 60 anni l’accantonamento ammonterebbe ad oltre un 1˙084˙000˙000 (un miliardo e ottantaquattro milioni) di euro, pari ad oltre il 77% del costo dell’impianto! Prudenzialmente negli USA le utilities stanno accantonando circa 0,1 centesimi($)/kWh (si calcola che il massimo prezzo di smantellamento sia dell’ordine di 430 €/kWe [11]). Si noti il caso del reattore di Fort St. Vrain, reattore del tipo HTGR da 330 MWe, decommissionato al costo di 196 milioni di dollari (quindi a meno 1 centesimo/kWh nonostante abbia funzionato per soli 16 anni!). Costo complessivoDalle considerazioni sopra riportate risulta che il costo totale del kWh prodotto per via nucleare è: ct = ci + cc + cem + csm = 1,6 + 0,85 + 0,5 + 0,05 = 3,0 eurocents/kWh Dall’esame dei singoli addendi risulta la seguente ripartizione: - 53,33% costo di investimento - 28,33% costo del ciclo di combustibile (di cui circa il 6% dovuto all’acquisto dell’uranio vero e proprio) - 16,67% costo di esercizio e manutenzione - 1,67% costo dello smantellamento e recupero del sito Si nota subito che i costi dell’intero ciclo del combustibile influiscono poco più di 1/4. Peraltro, come già detto, il costo per l’acquisto dell’uranio naturale incide appena del 6% circa: questo implica che anche un raddoppio del prezzo del combustibile, peraltro improbabile data la provenienza dello stesso da diverse parti del mondo (per lo più aree politicamente stabili) e la possibilità di accantonarne in piccoli spazi notevoli quantità, non inciderebbe significativamente sul prezzo dell’energia prodotta; dai calcoli si osserva facilmente che una triplicazione del prezzo dell’uranio porterebbe il costo del kWh nucleare da un costo di 3,0 a 3,48 eurocents/kWh, pari appena ad un aumento del 16%! Inoltre verrebbero minimizzati gli esborsi verso l’estero di valuta pregiata (come avviene nel caso di produzione elettrica per mezzo del carbone o, ancora peggio, dei prodotti petroliferi), con conseguenti inevitabili effetti benefici sulla bilancia commerciale. Risulta chiaro infatti che la maggior parte del costo risulta dalla realizzazione dell’impianto, ovvero risorse finanziarie che rimangono nel nostro Paese (e che promuovono la movimentazione dei capitali); in altri termini l’opzione nucleare consentirebbe di ottenere vantaggi di tipo: - microeconomico: il costo del kWh nucleare sarebbe fra i più bassi possibili; - macroeconomico: miglioramento dell’equilibrio energetico del Paese, riduzione dell’impatto ambientale e progressiva riduzione della fattura energetica pagata all’estero, spostamento sul territorio nazionale del baricentro della spesa energetica, rilancio dello spin-off tecnologico tipico dei comparti ad alta tecnologia [4]. Notiamo altresì, come già evidenziato nelle note, che il calcolo effettuato è cautelativo, e si riferisce per lo più ad impianti di vecchia generazione. Oggi infatti gli impianti vengono realizzati in 4 anni, (addirittura la Westinghouse assicura un periodo di 36 mesi dal primo getto di calcestruzzo all’avvio commerciale dell’impianto). Inoltre l’impiego di codici di calcolo sempre più efficienti e l’esperienza operativa hanno dimostrato la possibilità di estendere la vita degli impianti a 60 anni. Infine, lo studio di nuovi tipi di combustibile potrebbe portare il burnup a 60˙000 MWd/t, mentre i rendimenti dei nuovi impianti di attestano al 37% (EPR), ed i costi di impianto possono scendere a 1˙000 €/kW per ordini multipli. Prendendo in considerazione le ipotesi migliorative prima esposte, si otterrebbe un costo più realistico dell’ordine di 1,90 eurocents/kWh. Si consideri che tale valutazione riguarda i reattori ad acqua. Comunque bisogna tener conto del fatto che sono in avanzata fase di progettazione e licensing i reattori a gas ad alta temperatura [8] (che fanno parte della IV Generazione), che, con il loro rendimento vicino al 50%, i minori costi nominali d’impianto, i più elevati burnup (fino a 800˙000 MWd/t), potrebbero diminuire drasticamente persino questo valore. Vengono di seguito riportati, a scopo esemplificativo, alcuni grafici (figg. 1÷6) in cui viene illustrato il confronto fra i prezzi delle diverse fonti in rapporto al costo del kWh nucleare. In fig. 1 sono rappresentati i costi di produzione elettrica (in dollari per MWh) dalle diverse fonti: appare subito evidente che le fonti più economiche sono rappresentate dal carbone e dal nucleare (e si nota come l’energia eolica costi oltre il 64% in più, quella solare addirittura il 198% in più). In fig. 2 si riporta la drammatica incidenza del prezzo del gas naturale sul costo del kWh prodotto, e viene messo in evidenza come questo diventi facilmente anticompetitivo con la fonte nucleare. Analoga è la situazione per il petrolio. La fig. 3 riporta l’impatto del prezzo del combustibile (ed in particolare del suo aumento) sul costo finale del kWh prodotto: ancora una volta risulta evidente l’estrema sensibilità della bolletta elettrica all’aumento del prezzo del gas (ed al contrario della sostanziale insensibilità della fonte nucleare). In figura 4 sono riportati i prezzi di produzione elettrica dalle diverse fonti negli USA negli anni 1981÷2001: è evidente che il nucleare assieme al carbone hanno rappresentato di gran lunga le fonti più economiche (specialmente negli ultimi anni, che hanno visto una crescente domanda dei prodotti petroliferi col loro conseguente rapido aumento del prezzo). La fig. 5 infine chiarisce quale sia la quota del costo dalle diverse fonti legata all’investimento, ai costi operativi ed al combustibile; appare chiaramente la ridotta incidenza dei costi del combustibile per la fonte elettronucleare (la maggioranza del costo, come sopra dimostrato, deriva dai costi di investimento). ConclusioniCome si è visto nel corso della trattazione è emerso che il costo dell'energia elettrica prodotta per via nucleare si aggirerà, anche adottando le ipotesi più pessimistiche, attorno ai 3 eurocents/kWh. Ricordiamo che il costo medio di generazione dell’energia in Italia si è aggirato nel I trimestre del 2005 sui 6,88 eurocents/kWh [2], per un costo totale di oltre 10 eurocent/kWh. Del resto il prezzo del barile di petrolio ha raggiunto la soglia degli 80 $/barile, quadruplicando il suo prezzo negli ultimi dieci anni (e superando quindi il massimo storico di 75,6 $/barile del 1980 in occasione della guerra Iran-Iraq) . Fatto questo sicuramente molto penalizzante per il nostro Paese, poiché l’Italia dipende all’82% dalle importazioni dall’estero, e, come già detto, in media il prezzo dell’energia elettrica è ben più elevato rispetto alla media europea, proprio a causa di un eccessivo sbilanciamento verso i combustibili più costosi in assoluto e passibili di pericolosi rialzi (petrolio e gas naturale). Un rapido aumento del prezzo delle fonti fossili porta inevitabilmente ad un sensibile aumento del prezzo dell’energia così prodotta, dal momento che la maggiore spesa si ha proprio nell’acquisto dei combustibili; viceversa l’uranio viene oggi estratto da giacimenti molto concentrati a 20 $/kg. Le riserve così accertate ammontano a 4,4 milioni di tonnellate; ma pagandolo 170 $/kg si hanno a disposizione 145 milioni di tonnellate. A 1˙000 $/kg si potrebbe estrarre uranio dall’acqua del mare (dove ci sono 20 miliardi di tonnellate di uranio), anche in questo ipotetico caso il prezzo resterebbe paragonabile a quello delle fonti fossili . Sicuramente subiamo oggi, fatti alla mano, il frutto delle dissennate scelte in termini di politica energetica attuate negli ultimi 15 anni, soprattutto sotto la spinta dei presunti movimenti ecologisti (che in passato, quando il petrolio costava attorno ai 15 dollari a barile hanno sostenuto che, oltretutto, la fonte nucleare fosse anche antieconomica; anche quando il barile è arrivato alla soglia degli 80 $ hanno continuato a dire la stessa cosa!). Dalle considerazioni sopra riportate, risulta evidente la convenienza dell'opzione nucleare. E' pertanto improcrastinabile una pianificazione energetica nel nostro Paese, che contempli una adeguata diversificazione delle fonti, fra le quali il ricorso all’energia nucleare con reattori di IV generazione [18]; diversamente corriamo il serio rischio di "rimanere al buio ed al freddo" in un futuro non troppo lontano e di non raggiungere mai quella competitività da ogni parte politica indicata come indispensabile per non soccombere. Con buona pace, inoltre, degli obbiettivi di Kyoto dall’Italia particolarmente sponsorizzati.
Figura 1 – Costi
(in $/MWh) per le diverse fonti [6] Figura 2 – Impatto del prezzo del
gas naturale sul costo dell’energia elettrica [5] Figura 3 – Impatto dell’aumento
del prezzo del combustibile per le diverse fonti [6][1] riferito all’anno 2000 Figura 4 – Confronto del prezzo
dell’energia elettrica da diverse fonti negli ultimi anni [6] Figura 5 – Impatto delle diverse
voci di costo sul prezzo finale dell’energia elettrica nei Paesi OECD [6]
Note: [1] Si noti che il pareggio fra i
costi per le varie fonti non si ha nel caso base ma ipotizzando una
irrealistica riduzione di un quarto dei costi [2] Un finanziamento a tasso
agevolato potrebbe essere a carico di organismi pubblici, motivato da logiche
di pubblico interesse. In tale situazione il soggetto pubblico potrebbe
stabilire un tasso di interesse opportunamente basso, non influenzato da
intenti speculativi. Un investimento a tassi di mercato invece verrebbe
finanziato come un qualsiasi progetto industriale sviluppato da investitori
privati, in parte con capitale proprio ed in parte con capitale di debito. Per
approfondimenti si veda rif. [15] [3] IRES: Imposta sul REddito delle
Società [4] IRAP: Imposta Regionale sulle
Attività Produttive [5] LUEC: Levelised Unit Electricity Cost, ossia Costo Unitario di Produzione [6] Vale la regola secondo cui ogni raddoppio del numero di impianti porta ad una diminuzione del costo di costruzione del 5%
RingraziamentiSi desidera ringraziare il Prof. S. Paci per la gentile e preziosa collaborazione prestata. Bibliografia[1] “Appunti di impianti nucleari – parte I: aspetti generali” – Prof. B. Guerrini, Dr. Ing. S. Paci – SEU – 1999 [2] Autorità per l’energia elettrica ed il gas – http://www.autorita.energia.it/ [3] “La tabella permanente dell’energia”, Alceste Rilli – 21mo Secolo – n. 2 Giugno 2003 [4] “La crisi del sistema energetico italiano” – Conferenza Nucleare e Sostenibilità – U. Spezia – Pisa, 23 aprile 2005 [5] “The outlook for Nuclear Energy in a Competitive Electricity Business” – NEI (Nuclear Energy Institute) – http://www.nei.org [6] “The economics of nuclear power” – Uranium Information Centre – February 2007 - http://www.uic.com.au/nip08.htm [7] “Quanto costa l’elettricità” – S. Manera – Quotidiano Nazionale, pag. 12 – 07 Ottobre 2002 [8] “I reattori nucleari ad alta temperatura nella prospettiva energetica futura” – V. Romanello, N. Cerullo, G. Lomonaco – 21mo Secolo – n. 2 Luglio 2004 [9] “The Economics of Nuclear Power”, April 2006 – World Nuclear Association (WNA) – http://www.world-nuclear.org/info/inf02.htm [10] “Cost Comparison for Nuclear vs. Coal” – Virtual Nuclear Tourist – http://www.nucleartourist.com/basics/costs.htm [11] Uranium Institute Centre – http://www.uic.com.au/nip13.htm [12] “ La sistemazione in sicurezza delle scorie nucleari” - V. Romanello, G. Lomonaco, N. Cerullo – 21mo Secolo, n. 3 Luglio 2005 [13] “Cost calculation for the swedish radioactive waste management system” – Maria Wikström – Swedish Nuclear Fuel and Waste Management Co., SKB – http://www.skb.se/upload/publications/pdf/wikstrom-tucson-98.pdf [14] “Covering the expenses for nuclear waste – Financing” – SKI – http://www.ski.se/dynamaster/file_archive/010822/40666125312/financing.pdf [15] “Valutazione dei costi di produzione dell’energia elettrica da nucleare” – M. Gallanti, F. Parozzi – Agosto 2006 – Energia n. 3 [16] “Petrolio: record storico prezzi, mai così alti in 25 anni” – Adnkronos – http://www.adnkronos.com/Speciali/Energia/NotizieManuali/01_150706.html [17] http://www.iaea.org [19] “Nuclear Power: Least-Cost Option for Baseload Electricity in Finland” – R. Tarjanne, S. Rissanen - http://www.world-nuclear.org/sym/2000/tarjanne.htm |
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